La fabbrica che inventa le storie per i piccoli

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La prima notizia è che riescono a vivere di scrittura, la seconda è che lo fanno divertendosi. Il loro mestiere è copywriter nel mondo dei ragazzi. Spacciatori di storie, si potrebbe anche dire, e dopo si capirà  perché. Non c’è richiesta dell’industria editoriale che li spiazzi, dalla sceneggiatura alla traduzione, dal libro d’autore al prodotto commerciale, dal romanzo fluviale alle serie brevilinee.
Sono giovani ma conoscono già  tutte le mode dell’editoria italiana, le formule magiche come «distopico» e «seriale». Come nome della squadra hanno scelto Immergenti, che parodisticamente allude agli «emergenti», «perché non siamo la beat generation ma solo un gruppo di amici che condivide il piacere di lavorare insieme».
Un gruppo eterogeneo, di diversa provenienza. Un mancato notaio. Un ex consulente museale. Un’archeologa medievista. Un filosofo heideggeriano. Uno psicologo. Un traduttore esperto di videogiochi. Un fumettista. Un ex editore di libri-game. Anche un idraulico, abilissimo nei giochi di ruolo. Dalla loro officina sono usciti quasi duecento titoli, già  pubblicati o in procinto di esserlo presso i più importanti publisher italiani, da Einaudi (Il libero regno dei ragazzi di Davide Morosinotto) a Piemme (Code Lyoko di Jeremy Belpois), da Salani a Fanucci (Pesci volanti di Peduzzi-Baccalario), da Mondadori (Klincus Corteccia di Alessandro Gatti) alle Edizioni Paoline (Lo stivale spezzato di Annamaria Piccione) e Fazi (My Land di Elena P. Melodia). Una serie di fantasy, Ulysses Moore, ha già  venduto due milioni e mezzo di copie. La mondadoriana Candy Circle vanta un discreto successo di mercato. E molti di questi titoli figurano nella einaudiana Carta Bianca, la collana inventata da Orietta Fatucci come cantiere di «una nuova generazione di autori per una nuova generazione di lettori tra i 12 e i 14 anni» (entrambe cresciute in rete, tra google e facebook).
Una fabbrica delle storie attenta alle richieste del mercato. «Realistici», si dichiarano gli Immergenti, forse perfino troppo. Ma «con il coraggio di essere fantastici», corregge una del gruppo, rendendo omaggio a Rodari. In fondo si tratta di una bottega artigiana in versione «dropbox» e «skype». Così la illustra il suo fondatore Pierdomenico Baccalario, trentaseienne piemontese di Aqui Terme, che di recente è riuscito a convincere anche la critica più esigente con il romanzo Lo spacciatore di fumetti, ambientato nella Budapest comunista. Giovanissimo, e una trentina di titoli fa, Baccalario preferì esordire con il nome di un vicino di casa. Figlio e nipote di avvocati e notai, non gli fu facile rompere con la tradizione famigliare, anche se oggi solo grazie a Ulysses vanta un reddito non molto inferiore alla professione notarile (circa duecentocinquanta mila euro all’anno). «Progettiamo le singole opere, le assegniamo al nostro interno, ma non siamo un collettivo di scrittori», racconta Baccalario. «Ciascuno è responsabile del proprio lavoro, su cui mette la firma». Pur condividendo l’attività  preparatoria e le esperienze editoriali, hanno stili diversi e rivendicano personalità  distanti. Però si editano vicendevolmente, guai offendersi se qualcuno boccia il testo di un altro. «E, quando c’è la possibilità , facciamo da agenti anche per gli altri».
Tutto cominciò dall’agenzia Atlantyca-Dreamfarm, fondata da Pietro Marietti dopo la vendita del suo marchio Piemme a Mondadori. Il lavoro di Marietti consisteva (e consiste tuttora) non solo nel mettere in contatto l’autore con l’editore, ma anche nell’aiutare lo scrittore a far crescere il proprio lavoro, dall’editing alla ricerca dell’illustrazione e alla traduzione per il mercato internazionale. «Perché non vai a cercare nuovi talenti?», suggerì Marietti a Baccalario. «C’è sempre spazio per le buone storie». Là  è nata l’idea degli Immergenti, un gruppo di autori che incrociando competenze differenti riesce a sfornare un’infinità  di narrazioni. Con un’accurata distribuzione dei compiti. C’è chi propone l’idea. C’è chi provvede a disegnare il plot. C’è il titolista esperto. E c’è chi scrive e firma il libro. «Proprio come in una redazione al servizio dei ragazzi», spiega Baccalario. Ma come vengono assegnati i compensi? «Riconosciamo al nostro interno i contributi degli autori che partecipano al progetto. Finora non abbiamo mai litigato». E non c’è il rischio di imbrigliare la fantasie sotto rigide regole mercantili? «Tutt’altro», risponde il leader immergente. «Le regole affinano l’invenzione narrativa».
Nella bottega (virtuale) di questi autori tra i trenta e i quarant’anni si possono trovare gli attrezzi del mestiere, inclusa una piccola biblioteca di letture obbligatorie. A cominciare dal Dizionario dei luoghi fantastici di Alberto Manguel e Gianni Guadalupi, un manuale dei luoghi inventati dalla letteratura, dal Paese dei Balocchi al Castello di Barbablù, da Maradagal di Gadda alle «città  invisibili» di Calvino. E il monumentale Ramo d’oro di James Frazer, «perché l’antropologia da millenni rappresenta la meraviglia del mondo». I classici sono indispensabili, «prima di scrivere abbiamo accumulato anni di lettura», non necessariamente libri per ragazzi. Per la scrittura è suggerito Il viaggio dell’eroe di Vogler Cris, che fissa alcune regole auree. Ma è preferibile raccontare ciò che davvero si conosce. Una delle immergenti, Elena Mariani, all’inizio ha tentato il genere cappa e spada, poi s’è convinta a trasferire in pagina la sua esperienza con i disabili: a settembre uscirà  Il mondo di Orfeo, che è il frutto del suo lavoro con i bambini autistici. E Annamaria Piccione, siciliana di Caltanissetta, ha appena finito un libro sulla mafia.
L’ultimo cantiere aperto dal gruppo si chiama Typos e riguarda il mondo dell’informazione. Gli immergenti si scambiano idee e plot tramite Internet (il loro indirizzo di posta elettronica è immergentigmail.it). Fanucci selezionerà  i racconti migliori. «Usiamo dropbox e skype per mettere in comune tutti i nostri progetti e ci fidiamo degli altri», dice Baccalario. «Finora non abbiamo avuto problemi, poi si vedrà ».


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