L’economia europea in brusca frenata

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ROMA – Non abbiamo fatto in tempo a vederla che già  si è ritratta. La ripresa si sta indebolendo, la tanto attesa svolta economica, dopo i segnali positivi lanciati qualche mese fa, sta perdendo smalto e slancio. In un giorno già  nero per tutti i mercati finanziari, ma soprattutto per l’Italia, dall’Ocse arriva una notizia negativa: la crescita perde forza.
Il superindice, il mix di indicatori studiato dall’organizzazione dei paesi industrializzati per anticipare le tendenze del futuro a breve termine (sei-nove mesi), nelle rilevazioni su maggio ha segnalato che l’Europa sta tirando il freno. Tutte le grandi economie – tenendo conto di ordini, commesse, ore di lavoro, andamento occupazionale – stanno rallentando. Italia e Francia lo fanno un po’ di più delle altre.
Il Composite leadings indicators ha registrato un calo per tutti i paesi del G7, fatta eccezione per gli Stati Uniti che comunque sono rimasti al palo. E se alcune tendenze erano ampiamente previste – il calo del Giappone che sta accusando i colpi del terremoto e dello tsunami – altre, come quelle dei paesi emergenti, risultano inaspettate.
L’indicatore ha registrato una contrazione generale dello 0,2 per cento, scendendo da 102,8 a 102,5. I paesi della zona euro hanno fatto peggio – il calo è dello 0,5 per cento, ma Italia e Francia hanno superato entrambe la media perdendo lo 0,6 per cento. Se poi il confronto si fa su base annua il calo, per l’Italia, arriva al 2,7 per cento. Male anche la Germania: meno 0,4 per cento, a 103,6. Gli unici che non registrano tendenze negative risultano appunto gli Stati Uniti dove il superindice è rimasto invariato a 103,4 (l’Italia ora è a 100,7).
Una caduta netta, dunque, che Pier Carlo Padoan, vice segretario generale e capo economista Ocse imputa alle mancate riforme strutturali. In Italia, ha detto, «qualche tempo fa c’era il problema dei lacci e laccioli, ora questi sono diventati gomitoli aggrovigliati e accumulati uno sull’altro». Il consiglio che dà  è molto chiaro: «Bisogna sciogliere questi gomitoli. Spesso si dice che le riforme strutturali servono, ma che i benefici si vedono solo nel breve periodo, almeno dopo tre anni, con costi politici immediati. Questa è una delle ragioni per cui si fanno poco, ma all’Ocse stiamo raccogliendo evidenze, secondo le quali alcune riforme strutturali hanno effetti anche nel breve periodo». Chiaramente, ha precisato Padoan, «serve un disegno di riforma articolato».
La perdita di slancio che ha toccato tutte le economie occidentali, in realtà , era stata segnalata già  ad aprile, ma ciò che più ha colpito l’Ocse è il fatto che questa volta la tendenza è più diffusa e visibile anche fra le economie emergenti. La Cina ha perso 0,4 punti; ancora più pesanti (meno 0,7 punti) le perdite registrate per il Brasile (che in un anno è sceso del 3,7 per cento) e dell’India (meno 4,3 per cento annuo). Senza slancio la Russia (meno 0,1 punti) anche se – sull’anno – l’economia conferma la sua tendenza alla crescita grazie ad un più 4 per cento.


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