L’ora del cessate il fuoco

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 Il decreto sulle missioni estere è stato approvato a maggioranza a Palazzo Madama. Passerà  ora alla Camera. Ma cosa è successo oggi?

Prima del voto c’è stata una riunione lampo del gruppo del Pd. Non tutti noi eravamo a favore del sì. E’ prevalsa, però, la scelta (discutibile) che si trattasse di un voto politico, e non di coscienza. E, quindi, è stata richiamata la disciplina di gruppo. Non è l’ora di chiedersi cos’è – ormai – la disciplina di partito? Per essere «dissidenti» deve essere chiara «l’ortodossia». E una vera discussione sulla politica estera è attesa da molto tempo. Durante l’assemblea, insieme ai colleghi Amati, Carofiglio, Casson, Della Seta, Di Giovan Paolo, Ferrante, Granaiola, Nerozzi, Maritati, (Ignazio Marino d’accordo ma assente per impegni precedenti) si è nettamente espressa la volontà  di non approvare il decreto sulle missioni.
Non è la prima volta che ci si esprime in tal senso. Già  durante la prima fase della guerra libica, diversi di noi non parteciparono al voto delle risoluzioni, compresa quella del Pd, in quanto il tema della pace è superiore a qualsiasi vincolo di partito.
Occorre ricordare che la nostra Costituzione invita al ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Il ripudio o meno della guerra ha, tra l’altro, dei costi specifici. Le vite umane, innanzitutto. E poi anche i costi finanziari. Tra l’altro, la cooperazione civile rischia di morire. Nel 2008 il 9% dei fondi destinati alle missioni all’estero andava per quelle civili , oggi soltanto l’1%.
E’ vero che rispetto al testo iniziale del decreto, i fondi destinati alla cooperazione sono passati dai 5 milioni e 800 mila euro a 16 milioni e mezzo, ma la copertura sarà  assicurata dal ministero degli Esteri. Come ha spiegato in aula il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, «in sostanza, in merito alla cifra che scaturisce dalla somma degli emendamenti approvati dalla Commissione e poi ratificati con copertura dalla commissione Bilancio, esiste in realtà  un difetto di copertura. Quindi, ne scaturisce che la metà  della somma, per l’esattezza 8 milioni, viene coperta nella prima fase con i fondi del ministero degli Esteri e quindi con tagli peraltro flessibili».
Per la pace è difficile trovare la copertura mentre la guerra – riprendendo le parole di un articolo apparso ieri sul manifesto – diviene «un lusso criminoso», soprattutto «nel pieno di una crisi economica mondiale e senza un paese forte capace di governarla».
E’ l’ora di confrontarsi con il movimento pacifista. E’ l’ora di un cessate il fuoco per tutti. E’ l’ora di una politica internazionale degna di questa nome.


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