Sigilli al caffè Chigi, gli affari della ’ ndrangheta

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Sequestrato, per essere più precisi. Perché— hanno scoperto gli uomini della Dia — era uno dei tanti investimenti della ’ ndrangheta nella capitale, diventata terreno di conquista per i mafiosi capeggiati dai clan calabresi. Proprio com’è già  successo a Milano, Genova, Torino… Il fortino da assaltare stavolta era Roma. E per la ’ ndrangheta erano investimenti anche 18 società  disseminate fra il centro e la zona di Fiumicino-Ardea-Formello, un mega yacht che porta il nome di Feezy, una villa extralusso da una trentina di stanze, un salone di bellezza che più esclusivo non si può.
Tutto sotto sequestro da ieri, compresi novanta rapporti bancari che potrebbero chiarire molto sui movimenti dei patrimoni mafiosi nella capitale, soprattutto in questi ultimi mesi. Almeno venti milioni di euro, stimano gli inquirenti che parlano di «sofisticati sistemi finanziari» messi a punto in questo caso dagli uomini legati alla ’ ndrina dei Gallico di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Prendi la Adonis, per esempio: una sorta di holding con diverse sedi nei quartieri lussuosi della città . Un investigatore spiega che la società  avrebbe «effettuato operazioni finanziarie e acquisti per svariati milioni di euro a fronte di modesti redditi dichiarati» . Un punto di partenza per chi ha indagato.
Altro dettaglio che ha messo in allarme la Dia: uno degli uomini al quale sono stati sequestrati dei beni era accanto al capo ’ ndrina Alfonso Gallico quando un commando lo uccise. La capitale, dunque. L’offensiva della ’ ndrangheta puntava su un obiettivo finora escluso dalle grandi inchieste di mafia e da infiltrazioni che invece risultano evidenti in altre in grandi città  del nord. L’ultima grande operazione antimafia è della settimana scorsa, in Liguria. I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale e la Direzione distrettuale antimafia di Genova hanno arrestato tredici persone fra le quali i capi dei quattro «locali» liguri: Sarzana, Lavagna, Genova e Ventimiglia. Un locale è l’unità  territoriale minima della ’ ndrangheta e, dicono i collaboratori di giustizia, non può contare meno di 49 persone. Gente organizzata, quindi. Che ha già  messo radici economiche e finanziarie da Ponente a Levante. Fra loro anche Rocco Lumbaca, tanto per citare un nome: è stato uno dei sequestratori di Alessandra Sgarella, rapita nel ’ 97 e liberata nel ’ 98 sull’Aspromonte.
Per rimanere in Liguria: il Comune di Bordighera nel marzo scorso è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Era la seconda volta di un comune del Nord Italia. Il primo era stato, a maggio del ’ 95: Bardonecchia, in provincia di Torino, sempre per i legami fra la politica e la criminalità  organizzata calabrese. Il Piemonte è un’altra delle regioni che la ’ ndrangheta vorrebbe tenere sotto scacco. Anche qui: sono di inizio giugno i 150 arresti di mafiosi che non si sono risparmiati, dice l’accusa, nelle estorsioni, nell’usura, nelle truffe, nella gestione degli appalti e dei traffici di droga. E ancora una volta la presenza di «locali» ha disegnato la mappa delle cosche a Torino, ma anche nella sua cintura metropolitana, da Moncalieri a Rivoli. E poi c’è Milano, con il capo dell’antimafia Ilda Boccassini. C’è la mega inchiesta del luglio dell’anno scorso (non l’ultima) con 300 arresti, e c’è la denuncia della stessa Boccassini sull’omertà  degli imprenditori vittime di usura e racket. Un silenzio complice, secondo la Dda. Al punto che per la prima volta si è arrivati ad arrestare una vittima di usura per favoreggiamento dei suoi aguzzini.
Meno di tre mesi fa una nuova indagine e altri 35 arresti nell’hinterland: fra la Comasina, Bruzzano, Bresso. Del resto è difficile dimenticare le immagini girate dagli inquirenti nel 2010 proprio nell’hinterland milanese, da molti anni terra di conquista dei clan calabresi: si vedono i boss della ’ ndrangheta riuniti per spartire malaffari. Erano seduti tutti attorno al tavolo di un circolo di Paderno Dugnano intitolato a Falcone e Borsellino.


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