Sindacati in pressing sulla Fiat “Ora confermi gli investimenti”

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TORINO – Ora tutti aspettano le motivazioni della sentenza. Perché si potrà  capire come evolverà  il duello tra la Fiat e la Fiom-Cgil soltanto dal documento che il giudice del lavoro di Torino, Vincenzo Ciocchetti, depositerà  entro i prossimi 60 giorni. Il magistrato dovrà  spiegare perché ha riconosciuto legittimi i contratti di primo e di secondo livello siglati a Pomigliano dalla Fiat e dai sindacati metalmeccanici e soprattutto dovrà  far capire in che modo la Fiom debba rientrare in fabbrica: se attraverso la firma di quegli stessi contratti, se sottoscrivendo un’ulteriore intesa o se in altri modi ancora.
Nell’attesa, i sindacati che hanno già  detto sì agli accordi di Pomigliano fremono. Chiedono a gran voce alla Fiat di procedere con gli investimenti. Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, spiega che con il verdetto di ieri «si chiarisce definitivamente una triste storia e se ne apre una positiva». E dice che il piano Fabbrica Italia non è in pericolo «anzi, con questa sentenza e con l’intesa interconfederale di un mese fa, la Fiom si becca anche l’accordo di Pomigliano. Perché aderisce alla Cgil, che ha firmato un’intesa che sostiene che se la maggioranza dei delegati sindacali concordano su una cosa, tutti gli altri si devono adeguare». Mentre il leader della Uilm, Rocco Palombella, sostiene che ora il Lingotto «non avrà  più alcuna necessità  di uscire dal contesto di Federmeccanica e di Confindustria» e che «non c’è un motivo perché Fiat possa dire che gli investimenti sono a rischio». La Fim e la Uilm della Campania chiedono in coro: «Ora la Fiom firmi i due accordi di Pomigliano».
In realtà  l’unica certezza è che fino a quando non saranno note le motivazioni la Fiat congelerà  gli investimenti. Non tanto quelli di Pomigliano, ormai irreversibili, quanto quelli di Mirafiori e della ex Bertone di Grugliasco. Ieri l’ad di Fiat Sergio Marchionne è rientrato a Torino e come consuetudine si è riunito con il suo staff. La questione Pomigliano non è stata che una delle tante affrontate. E per ora la linea del manager resta la stessa: dura, perché blocca temporaneamente il piano Fabbrica Italia, ma d’attesa. Un atteggiamento dietro al quale c’è anche un messaggio per la politica: l’accordo interconfederale del 28 giugno firmato da Confindustria, Cisl e Uil e anche dalla Cgil va convertito in una legge. Lo hanno affermato in modo esplicito, e per la prima volta, gli stessi legali del Lingotto durante l’udienza di sabato.
Se la Fiat temporeggia, la Fiom invece tira dritto. Gli accordi di Pomigliano saranno pur validi ma, dice il leader del sindacato, Maurizio Landini, «questo non comporta né la necessità  della Fiom di sottoscriverli, cosa che non faremo, né impedisce ai singoli lavoratori che lo vorranno fare di intentare cause individuali per ottenere la piena tutela dei propri diritti». Mentre il responsabile nazionale Auto, Giorgio Airaudo, invita alla calma le altre sigle: «In realtà  il giudice dice che respinge la nostra richiesta di illegittimità , non che quegli accordi sono legittimi. Io sarei più cauto e direi a tutti di aspettare le motivazioni. Potrebbero esserci delle sorprese».


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