C’era una volta la mattanza così il tonno di Carloforte finisce nelle gabbie di Malta

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CARLOFORTE – C’era una volta la mattanza. La rivoluzione italiana nella pesca al tonno è cominciata nel sud ovest della Sardegna. Tra Portoscuso e l’isola di Carloforte, dove le tecniche più cruente, dalla tradizione secolare, riguardano ormai solo poche centinaia di tonni. Gli altri esemplari, catturati quando hanno un peso di almeno trenta chili, vengono lasciati vivere e poi trasportati sino a Malta dentro a enormi gabbioni galleggianti trainati da rimorchiatori. Il viaggio, a una velocità  di pochi nodi per non arrecare danni agli animali, può durare un mese. Una volta a destinazione, i tonni ingrassano in giganteschi vasconi protetti da reti grazie alle più moderne tecniche di bioallevamento marino. Quando raggiungono il quintale, sono pronti per essere macellati. E allora vengono imbarcati su speciali aerei e portati in Giappone, dove i consumatori dal palato più fine sono disposti a spendere al dettaglio sino a ottanta euro per un chilo di tonno rosso, contro i 7-8 pagati dai mediatori che riforniscono i grossisti di questo prodotto dalle qualità  eccezionali, forse il migliore al mondo.
Ma al di là  degli aspetti economici, il cambiamento al via in queste settimane è soprattutto storico, culturale. Quasi antropologico. Per la prima volta, infatti, in Italia si assiste a un mutamento radicale nelle secolari regole della pesca al tonno: un’epopea, quella della mattanza, che con le “camere della morte” ha ispirato narratori e registi.
Perché questa rivoluzione? E per quale motivo inizia in Sardegna? Il nuovo sistema è legato alle norme sul contingentamento della pesca imposte di recente a livello internazionale. In tutto il mondo, la pesca al tonno è regolata dalle quote, introdotte per evitare l’estinzione degli esemplari. Un sistema considerato però troppo rigido dai pescatori e che ha spinto gli stessi amministratori pubblici del Sulcis Iglesiente, nel sud della Sardegna, a rivolgersi al Tar: «Abbiamo presentato un ricorso contro i limiti fissati per gli operatori locali», spiega l’assessore al Turismo della provincia Carbonia-Iglesias, Marinella Grosso. Per il 2011, qui è vietato superare le 140 tonnellate di tonni pescati. Nel frattempo, gli operatori che sin dal tempo della dominazione spagnola si occupano di questo particolare comparto produttivo hanno anche iniziato a muoversi in altre direzioni, per evitare di chiudere la stagione in perdita. In primo luogo, hanno catturato diverse centinaia di tonni con le consuete mattanze, riducendole però a non più di sei-sette in tutto. Poi, hanno comprato altre venticinque tonnellate di quote messe a disposizione dal governo perché non utilizzate dai pescherecci che usano un altro particolare tipo di reti, dette “a circuizione”. E, infine, hanno messo a punto il sistema di trasporto verso Malta che finora era stato sperimentato solo in Spagna.
Così, in queste settimane, i tonni per ora lasciati in vita vengono trasportati via mare, a sud. Sia perché a Malta esistono da tempo le gigantesche gabbie per farli ingrassare, sia perché in quelle acque operano cargo in grado di trasferire a tempo di record quest’eccezionale prodotto in Estremo Oriente. Il viaggio dalle tonnare sarde verso La Valletta finora riguarda quattromila esemplari, costantemente alimentati in acqua con speciali mangimi ecocompatibili. Le fasi di trasferimento vengono seguite con telecamere e interamente registrate.
Del sistema avviato in Sardegna si è interessata anche la tv di Stato della Corea del Sud, tra i principali paesi importatori di tonno rosso. Così, se non tutti a Carloforte e a Portoscuso sono ancora persuasi delle bontà  dei nuovi metodi di pesca, molti altri hanno capito che questa è, in fondo, l’unica soluzione per continuare a far convivere due esigenze contrastanti: preservare i tonni e garantire la sopravvivenza di un settore chiave per l’economia della zona.


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