Dialoghi sul mondo possibile

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 Di fronte a una crisi che investe sia i paesi europei sia gli Stati Uniti, presentando caratteristiche internazionali, sono possibili risposte a livello nazionale? Si tratta, inoltre di una crisi contingente o sistemica, volta a sconvolgere i fondamenti stessi del capitalismo come lo conosciamo? E, ancora, la crisi riguarda esclusivamente l’assetto economico o sta facendo emergere in maniera chiara il deficit di democrazia individuato da tempo dai movimenti sia nelle strutture di governance globale sia nelle forme rappresentative di governo degli stati nazionali?

Per costruire schemi di risposta possibili a queste e ad altre domande relative alla situazione attuale – su temi che vanno dalla povertà , al diritto, alle migrazioni, alla giustizia sociale – può essere estremamente utile riflettere ancora una volta sui meccanismi fondamentali della cosiddetta globalizzazione e sulle strade alternative a quella dominante, incentrata sul neoliberismo.
Questo è quanto si propone di fare Giuliano Battiston nel suo Per un’altra globalizzazione (Edizioni dell’Asino, pp. 300, euro 15), libro in cui sono raccolte una serie di inteviste da lui fatte negli ultimi anni ad alcuni tra i più noti attivisti e studiosi che hanno contrastato e analizzato a fondo i processi sociali, politici, economici che hanno portato alla situazione attuale. Giornalista free-lance, collaboratore di riviste e quotidiani, tra cui «il manifesto», Battiston ha incontrato personaggi del calibro di Samir Amin, Ulrich Beck, Walden Bello, Susan George, Boaventura de Sousa Santos, Saskia Sassen, Vandana Shiva, Muhammad Yunus, Alain Touraine, per citare solo alcuni tra i più noti degli intervistati, ponendogli domande puntuali sul loro lavoro, riuscendo a far emergere sempre in maniera precisa ed approfondita le linee di fondo e le proposte che lo caratterizzano. Inoltre il carattere colloquiale dei testi che compongono il libro, rende estremamente semplice la lettura, pur non incidendo assolutamente sulla complessita delle questioni affrontate e delle riflessioni dell’intervistato. Non solo. Per un’altra globalizzazione risulta essere un testo rigidamente strutturato, diviso com’è in due sezioni che occupano lo stesso numero di pagine, intitolate rispettivamente Analisi, in cui l’accento è posto, appunto, sull’approfomdimento dei meccanismi di fondo della globalizzazione capitalista, e Proposte, dove si insiste maggiormente sulle strade da intraprendere per modificare la situazione e cercare di costruire una globalizzazione differente, partendo dal basso. Inoltre, tutte le interviste – alcune delle quali sono già  apparse in forma parziale su quotidiani o riviste – risultano essere praticamente della stessa lunghezza, comunicando una sensazione per così dire di equità  nei confronti delle posizioni espresse, come quando in situazioni assembleari viene concesso a tutti lo stesso tempo per esprimere le proprie opinioni.
L’unico che si sottrae a tale meccanismo è Immanuel Wallerstein. Infatti alla fine del libro viene ospitato un suo breve saggio intitolato Crisi. Quale crisi?, in cui vengono riprese e riassunte le posizioni dell’autore espresse in vari testi e così, riattraversando brevemente la storia del sistema-mondo dal 1945 ad oggi, si arriva a definire senza mezzi termini la crisi attuale come crisi strutturale, caratterizzata dal declino della potenza egemonica statunitense, e si analizzano le alternative per uscire dalla transizione in cui ci troviamo. Una transizione che potrà  essere più o meno traumatica e violenta ma che, soprattutto, non è detto che abbia uno sbocco positivo. Del resto, come afferma Boaventura de Sousa Santos: «Le transizioni sono per metà  cieche e per metà  invisibili. Non sappiamo mai dove comincino e dove siano destinate a finire. La storia è aperta: ciò che ne otterremo dipenderà  dalle battaglie che decideremo di combattere».
Pur offrendo un’ampia panoramica delle varie posizioni antagoniste e alternative all’attuale globalizzazione, rivelandosi anche per questo motivo un testo davvero molto interessante, non si può fare a meno di notare come in Per un’altra globalizzazione risultino assenti alcune linee di pensiero importanti, emerse con forza nel dibattito degli ultimi anni, come, ad esempio le teorie su Impero e moltitudine di Negri e Hardt o quelle sulla decrescita di Serge Latouche.
Oltre alle brevi biografie degli intervistati, completa il libro l’interessantissima introduzione dell’intervistatore. Qui, tra l’altro, Battiston dichiara esplicitamente il senso più profondo di questo testo e, direi, del suo lavoro di giornalista. Partendo dall’affermazione di Wittgenstein secondo la quale «la filosofia è una battaglia contro l’incantamento del nostro intelletto per mezzo del nostro linguaggio», egli attribuisce al lavoro del giornalista il medesimo compito, ovvero quello di contrastare l’incantamento del pensiero «scuotendo dalla loro fissità  semantica quei termini che favoriscono la nostra inerzia». E proprio la parola globalizzazione è uno di tali termini, per cui è necessario «disinnenscarne la seduttività . Una seduttività  pericolosa e consolatoria, perché ci induce a credere che si tratti di un destino segnato – o gia compiuto – al quale sottomettersi, piuttosto che di un processo storico, dunque conflittuale, contraddittorio, incerto, suscettibile di essere modificato dalla nostra capacità  di intervento sulla realtà ».


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