Evasione. Gli italiani riscoprono la Svizzera

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LUGANO – La ragazza bionda con il tailleur firmato Prada, risponde con una gentilezza esagerata: certo che si può aprire una cassetta di sicurezza, costa dai sessanta ai trecento franchi, a seconda della dimensione; poi ci sono dieci franchi di tassa cantonale e comunque il pagamento è di un anno anticipato. Può tenere lei la chiave, ed è più caro; oppure la conserviamo noi». La Banca Raiffeisen di Lugano è pronta all’emergenza: ecco un pieghevole che spiega tutto, nonostante la richiesta, le tariffe sono ferme al gennaio del 2011; ed ecco anche il biglietto da visita del consulente finanziario, «perché la cosa migliore è aprire anche un conto corrente. Non esiti a chiamarlo, la riceverà  subito». Sulle sedie in pelle nera di Le Corbusier, nella penombra della sala d’aspetto, siedono una signora e un uomo corpulento di mezza età . Italiani, si direbbe. Italiani che sono tornati ad essere innamorati della Svizzera.
C’erano una volta gli spalloni. E sembrava che quella fosse un’epoca finita, relegata nel passato, cancellata dai solerti finanzieri che tengono sotto stretta osservazione i valichi di frontiera. Ma la crisi finanziaria, l’incertezza dei mercati, la paura per quel che sarà , è come se avesse riaperto le frontiere immaginarie. E il Canton Ticino, meno di un’ora da Milano, sempre ospitale e riservato, è tornato ad essere l’ancora di salvezza per gli italiani che non si fidano più della loro Italia. Raccontano, dal centro Studi Fiscali Internazionali di Lugano, che i capitali stanno tornando massicciamente in Svizzera: «C’è molta sfiducia nel sistema Italia, c’è paura di una nuova aliquota supplementare sui capitali rientrati con lo scudo di Tremonti, c’è il fantasma della patrimoniale. Molti italiani hanno aperto conti correnti, c’è perfino chi ha deciso di spostare oltreconfine la propria residenza, ma molti tengono addirittura i soldi in cassette di sicurezza». Un dato dà  corpo alle inquietudini: i conti correnti degli italiani, calcola la Banca d’Italia, è come se si fossero prosciugati, facendo registrare a giugno un meno 23,4 miliardi di euro di depositi.
Non è solo per i benestanti che cercano tranquillità  per i loro beni, ma certo il menù italiano dell’Osteria Centrale – lunedì polpette, martedì amatriciana, mercoledì pizza – è un segnale. Tutti i tavoli occupati: tante coppie, pochi giovani. Risulta agli ambienti finanziari milanesi che molti correntisti si sono presentati il venerdì alla propria banca e hanno trasferito tutti i loro averi in assegni circolari per riportarli il lunedì, a week-end finito, dopo aver tirato un sospiro di sollievo per il pericolo mancato, quello che pure ancora aleggia, di una tassa di solidarietà . Risulta anche che ci sia stata una massiccia ondata di acquisiti di lingotti d’oro. La vacanza in Sardegna di un private banker non è mai stata tanto disturbata: «I clienti sono terrorizzati, mi chiamano per avere dei consigli, la sfiducia nel mondo e nei nostri governanti è totale, vedo riprendere un fenomeno di fuga dei capitali che non si vedeva più almeno da vent’anni».
Paolo Bernasconi, avvocato e gran conoscitore dell’Italia, ricorda i tempi andati, «quando si aprivano anche duecento conti di italiani al giorno». Oggi, dice, non è più così: l’accordo con la Germania per la tassazione dei capitali detenuti all’estero è un deterrente forte. Tremonti dice di non volerlo fare, ma durerà  Tremonti? Così gli italiani non sanno cosa fare e pensano alla soluzione “fai da te”: invece che sotto il materasso, mettono i soldi nelle cassette di sicurezza delle banche. Cash, a disposizione, in attesa che passi la nottata. Alla Banca del Sempione chiedono però un deposito di almeno 30-40mila euro; al Credit Suisse vogliono conoscere anche stipendio e professione; all’Ubs smentiscono la corsa alla cassette, “i giornali ne scrivono di tutti i colori”. Aggiunge Bernasconi: «La cassetta di sicurezza è la punta di un iceberg, è il simbolo della ricerca disperata di un rifugio».
Non sono solo gli italiani, martellati ogni giorno dall’effetto annuncio, a essere preoccupati. In Svizzera, la situazione generale finanziaria dell’Italia è tenuta sotto stretta osservazione, se è vero che nelle ultime due settimane l’autorità  di vigilanza, la Finma, ha inviato due lettere alle filiali di istituti finanziari proprietà  di banche o assicurazioni italiane. Teneteci informati – hanno scritto – su ogni pagamento che fate alla casa madre, sia sotto forma di dividendi che di rimborsi. Che è insomma come metterle sotto tutela. Anche se non è solo l’Italia a navigare in acque tempestose. Perfino nell’ordinata a Svizzera, un cartello avverte alla frontiera: attenzione, il prezzo della vignetta, la tassa per circolare sulle autostrade elvetiche, è fluttuante. Oggi costa 40 franchi. Domani, però, chissà .


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