Il «tradimento» di Jalloud, ex numero due del regime

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Quasi sicuro è che sia arrivato ieri a Roma, in aereo dall’isola tunisina di Djerba, dopo esser transitato dai ribelli a Zintan: un video girato venerdì nella città  libica in mano agli insorti lo mostrava allegro mentre dichiarava che «la libertà  è ormai molto vicina». Da lì il confine e Djerba non sono lontani, i media tunisini lo davano ieri in partenza per l’Italia «a bordo di un aereo maltese, con la famiglia». Fonti italiane lo hanno quindi segnalato a Ciampino. E a Roma l’ambasciatore libico Abdulhafez Gaddur confermava che Jalloud in effetti era in arrivo, forse già  arrivato.
Si fermano qui le (quasi) certezze sull’uomo che per quasi 25 anni fu il più potente e temuto nella Jamahiriya, dopo il Colonnello ovviamente. E che per altri 19 anni visse in silenzioso confino in una villa di Tripoli, per aver perso il favore di Gheddafi a causa di divergenze politiche, dell’avanzata dei figli del Qaid, dei sospetti di questo sulla fedeltà  dell’amico. Resterà  a Roma, Jalloud? «Lo attendiamo a Bengasi per una conferenza con Abdel Jalil, il presidente del Consiglio nazionale transitorio», ha dichiarato ieri l’Ufficio d’informazione dello stesso Cnt, a Bengasi. «Questo avrà  un effetto dirompente sul morale di molti ufficiali di alto rango e di personalità  del regime», ancora fedeli a Gheddafi.
Se Jalloud accetterà  l’invito (altre voci lo darebbero in partenza per il Qatar) vorrà  dire che l’antica passione politica non si è spenta nei quasi vent’anni di pensione forzata all’ombra del Colonnello. Che un ruolo, anche importante, lo potrebbe ancora giocare nella Nuova Libia. Già  il figlio-delfino di Gheddafi, Saif Al Islam, dopo l’inizio della rivolta aveva pensato di offrirgli un’alta carica politica, pur di salvare il regime. Un tentativo di creare un ponte con l’opposizione che però era fallito sul nascere, forse per il no del Qaid, forse per il rifiuto del suo ex primo ministro. Ma ora i giochi sono cambiati.
«Non c’è niente da dire su Abdel Salam Jalloud: aveva lasciato la politica da anni, passava molto tempo all’estero per curarsi, soffre di cuore», ha minimizzato ieri l’agenzia di Tripoli Jana, ammettendo finalmente la defezione, rivelando viaggi all’estero e malattie che potrebbero essere solo disinformazione. Da Bengasi, il Cnt aggiunge che la fuga di Jalloud ha visto la «collaborazione dell’Italia», che il Consiglio di Bengasi ora «ringrazia». La Farnesina non conferma. Jalloud per ora non parla. La difficoltà  di sapere davvero qualcosa, come sempre avviene per la Libia, è immensa. Ma è certo che l’ex numero 2 di Tripoli, almeno in queste ore, è tornato alla ribalta.


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