Tripoli assediata dagli insorti Gheddafi si prepara alla fuga

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«Gheddafi è al suo ultimo quarto d’ora»: lo dice il ministro dell’Interno tunisino Habib Essid: è un uomo informato e non sembra coinvolto nelle manovre di propaganda della Nato. Come d’improvviso, la guerra di Libia sembra prendere una piega molto più decisa, tutta contraria agli interessi del colonnello. I segnali raccolti da media internazionali e da fonti diplomatiche (fra cui ambasciatori italiani) raccontano di un’avanzata militare dei ribelli sempre confusa, ma ormai molto pericolosa per il colonnello. E soprattutto rimbalzano ormai mille voci sulla trattativa per la partenza di Gheddafi: destinazione la vicina Tunisia oppure (molto più probabile) il Venezuela dell’amico Hugo Chavez.
Il primo elemento, quello militare, vede i ribelli avanzare ancora in maniera apparentemente caotica. «Gli insorti sono ancora molto poco coordinati, ma il problema per Gheddafi è che Tripoli ormai è isolata, assediata», dice un diplomatico italiano. «Zawiya, sede di una raffineria che secondo noi non funzionava già  da settimane, è di nuovo percorsa dai ribelli, e questo significa che la strada verso la Tunisia è interrotta in molti punti, e molto pericolosa per i gheddafiani». Proprio Zawiya è stata teatro di un fatto apparentemente minore, ma invece decisivo: giovedì pomeriggio un elicottero Apache inglese avrebbe ucciso durante un’incursione un gruppo di libici fra cui il fratello del portavoce del regime, Moussa Ibrahim. Quando Ibrahim ha avuto la notizia era seduto a un tavolo dell’Hotel Rixos, l’albergo di Tripoli dove da mesi sono stati concentrati i giornalisti stranieri. Ibrahim è saltato in piedi palando al cellulare, poi è fuggito fuori urlando in lacrime, ed è rientrato per rinchiudersi in camera con la moglie tedesca e il figlioletto di pochi mesi.
Dopo 5 mesi di attacchi incessanti, tutti i capi e capetti del regime gheddafiano in un modo o nell’altro sono stati colpiti e scossi dalla violenza della guerra. Ancora ieri notte, per l’ennesima volta, la Nato ha bombardato pesantemente la caserma di Bab El Azizia, la residenza di Gheddafi ormai sicuramente vuota e inutile perché ridotta a un cumulo di macerie. Altre bombe sulla casa di Abdullah El Senussi, il capo dei servizi segreti che è anche il primo responsabile della repressione contro i civili: anche lui sicuramente non alloggia più lì. «Ma sono bombardamenti che hanno un effetto psicologico incredibile», dice una fonte che ha contatti con la gente che vive a Tripoli, «ormai anche i più resistenti attorno a Gheddafi vacillano, e chi può fugge». Assieme a Zawiya, città -martire liberata e abbandonata molte volte dai ribelli, altri combattimenti avrebbero liberato Zlitan assieme alla città  archeologica di Sabrata e ad alcuni villaggi a sud della capitale.
Una manovra di avvicinamento a Tripoli che ieri ha convinto il ministro degli Esteri Franco Frattini a fare un appello pubblico ai cittadini della capitale, invitandoli a ribellarsi a Gheddafi, di fatto a prendere le armi e scendere in piazza contro il colonnello. Lui, il raìs, intanto avrebbe iniziato seriamente a considerare la fuga: lo dicono non solo la tv americana Nbc, imbeccata da fonti anonime del Pentagono, ma anche la tv russa e l’agenzia Nuova Cina. Per la Nbc, Gheddafi starebbe negoziando un rifugio per se stesso e la famiglia in Tunisia. Ma è più probabile che la Tunisia possa essere solo il luogo di passaggio verso un’altra destinazione: i media russi e cinesi tornano a parlare con insistenza di Venezuela, un Paese capace di garantire protezione al colonnello anche in caso di pressioni americane. Di sicuro il governo post-rivoluzionario tunisino è però informato di molte delle trattative che avvengono proprio sul suo territorio, soprattutto nell’isola di Djerba. E per questo il ministro Essid ha fatto pubblicamente la sua previsione: «Ci prepariamo a gestire nuovi afflussi di profughi, Gheddafi è al suo ultimo quarto d’ora».


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