Italia: quasi raddoppiata la vivisezione “in deroga” nell’ultimo biennio

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A dispetto della media di animali destinati alla vivisezione che scende a 867.890 nell’ultimo triennio (rispetto ai 911.962 del precedente), le autorizzazioni per gli esperimenti “in deroga”, ovvero l’impiego in particolare di suini, caprini, primati (Ceboidea, Cercopithoidea), uccelli, rettili, pesci e altri mammiferi a fini didattici, che nell’anno 2000 erano state 98, sono aumentate da una media di 141 nel biennio 2007-2009 ad una di 204 nel 2008-2009 che si è chiuso con un totale di 407 test (.pdf). “Numeri quasi raddoppiati per procedure che invece – in base al Decreto Legislativo 116/92 ha spiegato la LAV – dovrebbero rappresentare l’eccezione in quanto regolamentate in modo restrittivo”. Nel merito dei test “in deroga” autorizzati dal Ministero della Salute nel biennio 2008-2009, ha proseguito la LAV “continuano a essere svolti anacronistici e fallimentari studi relativi all’uso di droghe, alcol e fumo che tolgono fondi per ricerche incruente e alle indispensabili campagne d’informazione sulla prevenzione”.

Ma non solo. Le sperimentazioni “in deroga”, richieste prevalentemente in Lazio, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto, “avvengono spesso senza ricorso a forme anche minime di lenizione – ha certificato la LAV – infliggendo agli animali intensi e prolungati livelli di dolore” e pescando equamente tra il 1.648.314 topi e i 2.571 cani (solo per citare due delle categorie indicate dalla LAV) destinati nel recente biennio alla sperimentazione “in vivo”. 
 “Rispetto alla sperimentazione animale senza anestesia – ha puntualizzato la LAV – ci preme sottolineare che gli animali sono vigili sia durante l’esperimento, che comporta fratture, incisioni, innesti, investigazioni sul cervello […], che durante tutto il percorso post-operatorio, iter al termine del quale gli animali vengono soppressi”. Lo stesso accade nel caso di investigazioni psichiatriche su primati, negli esperimenti di xenotrapianto dove le scimmie vengono utilizzate come bacini di organi e nelle stimolazioni cerebrali profonde, con elettrodi, condotte di norma su gatti e su maiali non anestetizzati.

“Lascia amaramente stupiti che vi sia un consistente aumento del ricorso a test invasivi e dolorosi e una crescita degli impianti autorizzati [sono 11 i nuovi stabilimenti autorizzati alla vivisezione dal Ministero della Salute nel 2008-2009], nonostante lo scenario scientifico nazionale ed europeo sia sempre più orientato alla promozione di metodi sostitutivi all’impiego di animali – ha affermato la biologa Michela Kuan, responsabile nazionale LAV nel settore vivisezione – I nuovi dati 2008-2009 contraddicono l’andamento lievemente decrescente del numero di animali utilizzati negli ultimi dieci anni nei laboratori nazionali, che comunque supera la spaventosa cifra di 800 mila animali all’anno e sono in contrasto tanto con l’impegno delle Istituzioni verso una politica di tutela degli animali, quanto con l’opinione pubblica sempre più contraria alla sperimentazione su di essi. Al Governo, al Parlamento e al settore della ricerca chiediamo un maggiore impegno verso lo sviluppo di metodi alternativi, un ambito sperimentale che avanza con successi concreti e utili per la salute umana, rendendo l’uso degli animali una pratica sempre più obsoleta ed ingiustificabile”.

Esistono, infatti, centinaia di metodi alternativi alla vivisezione di grande efficacia: modelli informatici, analisi chimiche, indagini statistiche come l’epidemiologia e la metanalisi, organi bioartificiali e altri innovativi sistemi che potrebbero essere messi a punto investendo di più in questo etico ed efficace settore della ricerca. “Anni fa sembrava utopia fare ricorso a test senza animali, eppure oggi il 70% della ricerca biomedica, ovvero della biologia della medicina, ci informa l’Istituto Superiore di Sanità , non fa uso di animali” ha concluso la LAV .

“In Italia il principio per il quale il metodo alternativo deve essere preferito all’impiego di animali, stabilito dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 116/92 in materia di protezione degli animali usati a fini sperimentali, viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dal Ministero della Salute: una situazione che va peraltro a tutto danno della ricerca biomedica italiana e che riteniamo debba essere presto cambiata – ha aggiunto la Kuan – Un’inversione di rotta indispensabile anche alla luce del recepimento della nuova direttiva 2010/63UE: un’occasione che non deve essere assolutamente sprecata dal Ministero della Salute e dagli Enti Governativi per supportare in Italia una nuova ricerca all’avanguardia, che tuteli i pazienti umani, ma anche gli animali”.

Un impegno importante che tuttavia non rappresenta un richiamo solo per l’Italia perché nell’Unione Europea la situazione è non meno allarmante. Il numero degli animali utilizzati e soppressi nei laboratori, infatti, non tende a diminuire, anzi ha raggiunto negli ultimi anni la stratosferica cifra di 12 milioni di animali, con incrementi del 50% di tali sperimentazioni in alcuni Paesi. Un triste primato che al momento vede in testa Francia, Inghilterra e Germania e che l’associazione Animalisti Italiani auspica possa presto finire, magari perché no, proprio grazie all’esempio dell’Italia visto che “il Sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, – ha ricordato l’associazione – sta svolgendo da mesi un importante lavoro presso le Commissioni Parlamentari affinché l’Italia recepisca la Direttiva Europea sulla vivisezione vietando l’utilizzo dei randagi negli esperimenti e promuovendo la convalida di metodi alternativi”.


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