La Palestina che verrà 

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New York. Dopo giorni di intensi sforzi diplomatici degli Stati Uniti, di Israele e dell’Unione Europea si profila, come era da aspettarsi, una strada tutta in salita per l’iniziativa palestinese per l’ammissione alle Nazioni Unite in qualità  di Stato Membro.

Le parole del Presidente Obama alla seduta plenaria hanno deluso quei pochi che, illudendosi, speravano ancora che la sua amministrazione potesse promuovere una nuova strategia per la soluzione del conflitto israeliano-palestinese. Il suo discorso, di chiaro taglio elettorale, ha confermato la ferrea alleanza con Israele, tanto che a tratti pareva essere stato scritto da Netanyahu. Quest’ultimo, pienamente soddisfatto delle ripetute assicurazioni che il legame tra USA e Israele è indistruttibile e che altrettanto è l’impegno americano a garantire la sicurezza dello Stato di Israele, ha lasciato la conferenza stampa congiunta con Obama con un sorriso sardonico e compiaciuto.

Oltre alle dichiarazioni ufficiali, gli Stati Uniti stanno esercitando tutto il proprio potere diplomatico, soprattutto sui membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza, per evitare che nove Stati su quindici votino a favore della richiesta di ammissione palestinese. Infatti, nel caso in cui la richiesta non venisse appoggiata da almeno nove Stati membri del Consiglio di Sicurezza gli statunitensi sarebbero sollevati dalla necessità  di dover ricorrere al veto per stroncare, come promesso, l’iniziativa del Presidente Abbas.

Negli ultimi giorni la pressione sulla Bosnia-Erzegovina, sulla Nigeria, sul Gabon e sul Portogallo si è fatta serrata. La diplomazia turca sta cercando di evitare che la Bosnia-Erzegovina si schieri con gli oppositori all’ammissione palestinese. Come ribadito nel discorso del Presidente KomÅ¡ić, l’ingresso in Europa è uno degli obiettivi fondamentali che la Bosnia-Erzegovina sta perseguendo, di conseguenza è prevedibile che questo influenzerà  la propria posizione rispetto alla questione Palestina. Anche il Portogallo è profondamente diviso da una parte dalla necessità  di mantenere la sua tradizionale posizione pro-palestinese e dall’altra da quella di allinearsi alla posizione dell’Unione Europea e degli Stati Uniti affinché il neo-insediato governo possa ottenere maggiore supporto internazionale.

Nel frattempo l’Olp, con l’appoggio dei paesi della Lega Araba e della Conferenza dei Paesi Islamici, sta cercando di ridefinire la propria strategia. Dalle ultime indiscrezioni pare che il Presidente Abbas abbia definitivamente abbandonato l’idea di sottoporre contemporaneamente una richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese all’Assemblea Generale per una risoluzione dal valore simbolico da adottare a maggioranza assoluta. Questo perché la diplomazia europea, come confermato dal discorso del Presidente francese Sarkozy di fronte all’Assemblea Generale in seduta plenaria, ha adottato una strategia alternativa a quella statunitense proponendo il conferimento alla Palestina dello status di Stato osservatore, ma non l’ammissione come membro delle Nazioni Unite, a condizione che si torni immediatamente al negoziato diretto senza condizioni.

Il Presidente francese ha poi indicato i tempi in cui le trattative tra israeliani e palestinesi dovrebbero svilupparsi: riapertura del negoziato diretto entro un mese, sei mesi per il raggiungimento di un accordo sui confini ed entro un anno la firma di un accordo generale. Egli ha inoltre ribadito che durante i negoziati i palestinesi dovranno astenersi da comportamenti incompatibili con le trattative. Formulazione vaga dell’esplicita e pressante richiesta che in incontri bilaterali i diplomatici europei hanno fatto ai palestinesi di rinunciare all’ammissione al Trattato della Corte Penale Internazionale. La proposta francese sembra piacere al Quartetto che potrebbe farsene attivo sostenitore.

In queste ore al Palazzo di Vetro le riunioni e i negoziati sono incessanti. La delegazione palestinese è conscia di poter contare sicuramente su almeno sei membri del Consiglio di Sicurezza, mentre per altri tre Stati non è ancora chiaro quale linea adotteranno. In ogni caso, dalla presentazione della domanda di ammissione, che il Presidente Abbas ha confermato verrà  presentata dopo il suo discorso del 23 settembre, ci vorranno almeno due settimane affinché il Consiglio di Sicurezza la prenda in considerazione per il voto.

* esperta di diritto internazionale presso l’ONG Al-Haq di Ramalla


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