Milano, in 30mila per il cardinale Scola

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MILANO – La Chiesa e i cristiani devono tornare ad essere «missionari» per stare vicini agli uomini e alle donne del loro tempo «per condividerne la condizione e il bisogno, in tutti gli ambiti dell’esistenza». Con quello che sembra quasi un manifesto programmatico, pronunciato nella sua prima omelia nel Duomo di Milano, il cardinale Angelo Scola ha fatto il suo ingresso ufficiale nel capoluogo lombardo, come nuovo arcivescovo della Diocesi ambrosiana, la più grande del mondo. Almeno 30mila i fedeli che si sono messi in fila in piazza Duomo, fin dal primo pomeriggio, per salutare l’ex patriarca di Venezia, che prima di entrare nella cattedrale ha avuto un lungo e commosso abbraccio col suo predecessore, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che lascia la cattedra di Ambrogio dopo nove anni nei quali ha conquistato il cuore di Milano, pur attirandosi le critiche della Lega e di una parte del mondo politico.
Ma Scola, nella prima solenne messa, davanti a tutte le autorità , ha dimostrato di voler continuare nel solco di una chiesa pienamente inserita nel sociale, auspicando «l’edificazione di una città  giusta, la condivisione delle forme di emarginazione e del travaglio dell’immigrazione». Indicando i compiti urgenti di nuova evangelizzazione che attendono la Chiesa milanese, ha denunciato il «travaglio proprio della convulsa fase di transizione che ha nel male oscuro della crisi economica, finanziaria e politica la sua palese espressione». Per uscirne l’unica strada è recuperare «una tensione indomita a fare il bene ed evitare il male e la pratica del culto cristiano», ma anche una «decisa assunzione di obblighi sociali, attraverso l’esercizio delle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza». E, uscendo dal testo ufficiale, ha sottolineato dal pulpito: «Virtù necessarie per la vita associata in ogni paese. Ma in particolare nel nostro».
Il primo a salutare Scola, in una sosta nell’antica basilica di Sant’Eustorgio, era stato il sindaco Giuliano Pisapia, che annunciando un «cammino comune nell’interesse dei più deboli ed emarginati», si è detto «certo che il rapporto con Scola sarà  costruttivo e dialogante, pur con le differenze che ci potranno essere, sicuramente superabili dalla volontà  comune di trovare il punto di confronto il più unitario possibile».


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