Negli Usa poveri record, sono 46 milioni

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NEW YORK – La recessione, anzi la Grande Contrazione, presenta il conto all’America. E’ un conto drammatico: la fine dell’American Dream, l’impoverimento della middle class, l’arretramento del tenore di vita e del potere d’acquisto, le aspettative di intere generazioni ridimensionate di colpo. Oggi 46,2 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà , fissata al livello di 22.113 dollari di reddito annuo per un nucleo familiare di quattro persone. E’ un livello record, mai raggiunto negli ultimi 52 anni e cioè da quando esistono questi dati raccolti dal Census Bureau, l’agenzia federale responsabile per il censimento demografico. L’impatto della lunga recessione iniziata nel 2008 si prolunga e non se ne vede la fine: nel solo anno 2010, infatti, ben 2,6 milioni di americani sono andati ad aggiungersi all’esercito dei nuovi poveri. Ormai il 15,1% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà . Ma non sono soltanto loro a subire l’impatto sociale di questa crisi. L’arretramento viene percepito da una vasta maggioranza di americani: il reddito “mediano”, cioè quello rappresentativo della maggiore percentuale di cittadini, è sceso del 2,3% in termini reali nel corso del 2010. «Questi dati sono importanti – ha sottolineato ieri il direttore del Census Bureau, Robert Groves – perché ci dicono qual è l’impatto concreto della situazione economica sulla vita degli americani e delle loro famiglie». Non tutto l’impoverimento va attribuito all’effetto della recessione, però. Un altro dato significativo è questo: il reddito annuo mediano per un maschio adulto che lavora a tempo pieno nel 2010 si è attestato a 47.715 dollari; se misurato in potere d’acquisto reale, questo reddito è regredito rispetto ai livelli del 1973. Per la precisione, 38 anni fa un maschio adulto con un lavoro a tempo pieno guadagnava l’equivalente di 49.065 dollari all’anno, ai prezzi di oggi. Si stenta a crederlo, ma tutto ciò che è accaduto negli ultimi 38 anni, nel bene e nel male, dagli shock energetici degli anni 70 alla stagflazione, dalla “economia dell’offerta” reaganiana alla New Economy di Internet nell’èra Clinton, dalla “vita a credito” e gli sgravi fiscali di George Bush fino alla deflagrazione sistemica del 2008: tutto questo riporta l’americano medio al livello di partenza, anzi un po’ più indietro.
E’ la conferma del processo di retrocessione della middle class, o l’avvento della “società  a clessidra” divisa tra un vertice di privilegiati e una base sempre più larga di cittadini il cui potere d’acquisto perde terreno. Altri dati confermano quanto l’American Dream sia ormai una rappresentazione superata, un miraggio che riflette visioni d’altri tempi. La condizione dei giovani ha subito un degrado notevole: la caduta di reddito mediano più pesante nel 2010 è quella che ha colpito la generazione tra i 16 e i 24 anni: meno 9%. Si accentua il fenomeno dei “bamboccioni” d’America, costretti dalla situazione economica a rimanere in casa dei genitori o a farvi ritorno: un comportamento in netto contrasto con le consuetudini che erano consolidate da molte generazioni. Ora che il 45,3% della fascia compresa tra i 25 e i 34 anni si trova sotto la soglia della povertà , è aumentato del 25% il numero di coloro che devono abitare sotto lo stesso tetto dei genitori. Fra le conseguenze collaterali dell’aumento dei poveri, c’è il fatto che il numero di persone senza assistenza sanitaria è salito da 49 milioni nel 2009 a 50 milioni l’anno successivo (la riforma sanitaria di Barack Obama non è entrata ancora pienamente a regime e quindi non se ne misurano tutti gli effetti).
Un altro aspetto conferma quanto la recessione iniziata nel 2008 sia diversa per la sua gravità  da tutte quelle che l’anno preceduta, con l’unica eccezione della Grande Depressione degli anni Trenta: nelle più gravi recessioni del dopoguerra, come quella conclusa nel 1961 e quella che finì nel 1975, la percentuale degli americani sotto la soglia della povertà  era già  diminuita nel primo anno dopo la fine della recessione. In tutti i sensi quella attuale merita l’appellativo di Grande Contrazione coniato dall’economista Kenneth Rogoff. «Non si tratta solo dei disoccupati e dei poveri – ha dichiarato Sheldon Danziger dell’università  del Michigan – ma dell’americano medio che non fa più alcun progresso».


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