Pensioni, ira di Sacconi: «Messo sulla graticola da Lega e sindacati»

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ROMA — Le vittorie hanno tanti padri, le sconfitte uno soltanto. È con questo ritornello che, nel governo, sconfessano l’imbarazzante testa coda con cui si è rottamato, in corsa, lo stop ai riscatti previdenziali. Un dietrofront che ha scatenato la reazione imbufalita di sindacati e lavoratori e mandato su tutte le furie il presidente del Consiglio. Ma chi è il «padre» di cotanta sconfitta? Davvero la norma boomerang sulle pensioni, che ha fatto minacciare lo sciopero anche a Cisl e Uil, va intestata al solo Maurizio Sacconi? E Tremonti, allora? E Calderoli?
Investito da una violenta tempesta, il responsabile del Lavoro e delle Politiche sociali ci è rimasto male. Si è sentito ferito per i giudizi impietosi dei colleghi e si è detto incredulo per le parole che i giornali vicini al centrodestra hanno attribuito al premier. Lo stop ai riscatti un «pasticcio»? Una roba «da dilettanti» e «irresponsabili»? Il ministro non vuole alimentare la polemica e fa dire all’ufficio stampa che «il caso è chiuso», ma con i suoi si sfoga: «In pubblico Berlusconi non ha detto nulla, gli hanno messo in bocca parole che non ha mai pronunciato. Lega e sindacati si sono tirati indietro e hanno lasciato me sulla graticola».
Veneto coriaceo ma non certo insensibile, Sacconi è forse più dispiaciuto che arrabbiato. Lo ha confidato all’amico Giuliano Cazzola, il quale difende la norma e attacca l’esecutivo, per il «caos» di una manovra che si fa e si disfa «nel retrobottega» di Palazzo Chigi: «Se una misura opportuna è stata affossata a colpi di demagogia spicciola è perché il governo non è stato in grado di spiegarla». Chi ha sbagliato, onorevole Cazzola? «Danno addosso a Sacconi perché il Pdl è in guerra, tutti contro tutti — spera in un governo tecnico, il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera —. La maggioranza ha fatto un gran casino e non è un bell’esempio di solidarietà  dare la colpa a Sacconi. E poi lui nemmeno c’era, lunedì al vertice di Arcore…».
Roberto Calderoli, che in quella sede aveva dato il via libera, si è tirato indietro a tempo di record puntando il dito su Sacconi. E così hanno fatto i sindacati con i quali il dialogo è più forte. Brucia la presa di distanza di Raffaele Bonanni (Cisl), ferisce la freddezza con cui replica Luigi Angeletti (Uil): «Ancora con questa storia di Sacconi? L’operazione pensioni è stata ritirata, anche grazie alle nostre pressioni». Ma lei e Bonanni non ne avevate parlato con il ministro? «Non voglio tornare sulla questione e non so chi ha costruito quella norma, ma se il governo l’aveva approvata la responsabilità  è di tutti».
Maurizio Gasparri concorda e difende Sacconi: «Sono contrario a cercare il capro espiatorio. Perché buttare la croce addosso a lui? Al vertice c’eravamo tutti, c’erano Calderoli, Berlusconi e c’era anche Tremonti». Nell’entourage del ministro dell’Economia, però, non vogliono saperne nulla del pasticciaccio brutto delle pensioni e invitano a cercare all’Inps gli autori dei «calcoli sbagliati». E lo stesso Giulio Tremonti, mentre lascia di ottimo umore il Senato, liquida allungando il passo la faccenda: «Sacconi? Mmmm…». Guido Crosetto invece parla e dice che il responsabile del Welfare doveva riconoscere l’errore: «Ha sbagliato a calcolare l’impatto della misura, ma purtroppo assumersi le responsabilità  non è di moda». Il fronte non è ancora chiuso ed ecco che Sacconi si trova di nuovo nel mirino. La Cgil fa trapelare «irritazione» per un presunto «incontro clandestino» tra il ministro e i vertici di Confindustria, Cisl e Uil. «Non serve andare in soccorso di un ministro sotto schiaffo per il tentato golpe sulle pensioni», attaccano da Corso Italia. E Confcommercio parla di «atto gravissimo». Ma la Cisl smentisce il vertice segreto e accusa la Cgil di aver inventato «di sana pianta» un’altra bugia.


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