Edison francese ma con presidente italiano

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MILANO – Per il passaggio di Edison ai francesi di Edf c’è l’accordo industriale e pure quello finanziario. Ora, vanno definiti gli accordi di governance e messe nero su bianco garanzie per i soci italiani, almeno fino a quando decideranno di restare nel capitale della seconda utility italiana.
All’indomani dell’accordo raggiunto a Parigi tra i manager di A2a e Iren, Renato Ravanelli e Andrea Viero, con il direttore finanziario di Edf Thomas Piquemal, è possibile ricostruire più nel dettaglio il quadro con cui francesi e italiani sono arrivati al divorzio dopo sei anni di matrimonio fin troppo forzato.
La parte industriale ruota attorno allo spezzatino di Edipower: Edf cede a una joint venture che sarà  formata da A2a e Iren il controllo di due grandi impianti idroelettrici (Valtellina e Udine) in cambio del 30% delle quote dell’ex genco dell’Enel, mentre la svizzera Alpiq (20%) sarà  liquidata in contanti. Le centrali a gas finiranno nel patrimonio di Edison, mentre le utility italiane potranno mantenere il nome Edipower per la loro joint venture.
Più complessa la parte finanziaria. Il 30% di azioni Edison in mano ai soci italiani è stato diviso in due tranche. Su un quarto delle azioni, Edf ha concesso una opzione a tre anni per riacquistare i titoli a un prezzo che sarà  valutato in base a dei multipli dell’ebitda, cioè dell’indicatore di redditività  della stessa Edison e di altri operatori del settore. Sul restante 75%, che potrà  comunque essere venduto a prezzi di mercato dai soci italiani in qualsiasi momento, i francesi hanno concesso un’opzione put che varrà  solo se il titolo Edison, tra tre anni, sarà  illiquido o il titolo non più quotato. Ma, fra un anno, una parte di questo 75% (ancora da definire) potrebbe già  essere liquidato con parte degli asset eolici di Edens. A valutare la congruità  dei valori degli asset che verranno scambiati, Edison ha incaricato la banca d’affari Lazard.
Cosa rimane da definire? La governance e le garanzie per i soci italiani a difesa del loro investimento, almeno fino a quando decideranno di non vendere i titoli. Nel primo caso, è ormai certo che gli italiani continueranno a esprimere il presidente, oltre a sedere in consiglio di amministrazione. Nelle prossime ore si dovrà  definire, invece, una questione assai più delicata: su quali operazioni strategiche (aumenti di capitale, per esempio) e su quali investimenti potranno esercitare un diritto di veto.
Il via libera all’accordo di massima arriverà  a brevissimo. Lunedì prossimo si terrà  il consiglio di gestione di A2a sul riassetto Edison, mentre mercoledì sarà  invece la volta del consiglio di sorveglianza. E nei primi giorni della prossima settimana è previsto anche il cda di Edf.
In Borsa, il titolo Edison ieri ha perso il 3,8%, ma Edf ha fatto anche peggio cedendo il 5,5%. A deprimere i titoli della società  italiana sono stati i conti in rosso del terzo trimestre: a fronte di ricavi per 8,59 miliardi (+13,1%), i margini sono in calo (-22,9% a 717 milioni) e il risultato netto è negativo per 93 milioni, includendo «svalutazioni per circa 70 milioni e l’effetto di incremento della Robin Hood Tax che incide per 23 milioni».
Edf è crollata per le indiscrezioni della stampa francese riguardo a un accordo pre-elettorale tra socialisti ed ecologisti per la chiusura di alcune centrali nucleari. Edf, per tutelarsi, ha chiesto all’autorità  per il controllo del mercato finanziario l’apertura di una inchiesta su un eventuale «manipolazione del mercato».


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