Gli operai di Sestri escono a mani vuote dall’incontro al ministero dello Sviluppo
GENOVA. Una quarantina di lavoratori di Fincantieri del cantiere genovese, dopo cinque ore di viaggio in pulmann, sono arrivati sotto il ministero dello sviluppo economico, un palazzaccio in via Molise. Gridano «no ammortizzatori sociali, vogliamo commesse», mentre sindacalisti e politici liguri incontrano il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani e l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono per scongiurare la chiusura del cantiere genovese, tagliato dal recente piano aziendale, prima ventilato, poi ritirato, ora tornato in auge. «Stiamo solo chiedendo lavoro – dice Marcello Rubino, saldatore – Che ci diano delle commesse per fare altre navi, le sappiamo fare meglio di Monfalcone. A Genova devono solo investire un po’ di euro per ammodernare il cantiere. Che parlino di Pil, non di ammortizzatori sociali». Alla fine dell’incontro il delegato Fiom-Cgil, Giulio Troccoli, esce urlando «occupiamo il cantiere qui non ci danno niente». Si deciderà questa mattina in assemblea. Ieri, intanto, a Sestri i lavoratori sono scesi in strada fino a sera.
I nodi al pettine sono diversi. La Fiom cerca un riequilibrio nei cantieri e spera nella solidarietà dei lavoratori degli altri cantieri che per ora non hanno fatto una sola ora di sciopero, a parte la vertenza in atto ad Ancona. Il segretario generale Fiom Maurizio Landini, infatti, prima di entrare dice «non accettiamo la logica di contrapposizione dei cantieri, lanciamo una giornata di mobilitazione nazionale di tutta Fincantieri per il 21 ottobre, giorno della mobilitazione dei lavoratori Fiat e indotto. Sembra che in questo paese tutto ciò che serve a muovere le persone, dalle auto, ai treni, alle navi, rischi di essere chiuso o privatizzato». Insomma, si cerca una difficile quadra per evitare che i cantieri di Monfalcone e Marghera, nell’alto adriatico, si prendano tutte le commesse a danno degli altri. E per questo la Fiom vuole indire una serie di assemblee nelle varie sedi per lanciare un piano di solidarietà interna.
Un portavoce di Fincantieri spiega che l’azienda ha intenzione di investire in piattaforme off-shore, in inceneritori su piattaforme galleggianti con torce al plasma e in natanti per l’eolico grazie a progetti elaborati dal centro studi Cetena, ma per ora commesse nuove per Sestri non ne arrivano. Così i genovesi se ne vanno a mani vuote.
Intanto la ragioneria di stato ha dato parere positivo all’erogazione di 50 milioni di euro da parte dello stato per il restyling del cantiere genovese (il cosiddetto ribaltamento a mare), che regalerebbe agli enti locali una grande parte del cantiere a ridosso del quartiere di Sestri allargando i moli verso il mare, ma manca ancora la firma del ministro delle finanze. E, come fa notare anche un consigliere regionale leghista, Edoardo Rixi «non c’è né il progetto del riempimento, né quello del rinnovamento del cantiere. Per arrivare al dunque, tra le autorizzazioni di Autorità portuale e il vaglio degli enti locali, possono passare anche tre anni».
Troccoli sintetizza così: «Con questa tattica di ribaltamento a mare ribaltano noi. A marzo non abbiamo un euro di lavoro, avremo 50 operai a guardare il mare». Insomma neanche il restyling viene visto di buon occhio dai lavoratori. L’esito dell’incontro è così deludente che il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e il sindaco Marta Vincenzi evitano commenti a caldo. Qualche ora dopo Burlando manda un comunicato in cui si mostra ottimista sul finanziamento per il ribaltamento a mare ma sottolinea che «resta molto negativa l’assenza di certezze per nuove commesse».
Alle 19 gli operai di Fincantieri a Sestri tolgono il blocco lasciando in via Soliman qualche copertone bruciato.
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