Il blocco, «i cinque» e l’ossessione Usa
In pratica la «comunità internazionale» all’unanimità tornerà a chiedere agli Usa di Obama che quella misura che sarebbe ridicola se non fosse tragica, «ingiusta, immorale e genocida», come l’ha definita ieri a Roma l’ambasciatrice cubana in Italia, Milagros Carina Soto, sia finalmente revocata dopo mezzo secolo. Se non altro per realismo pragmatico. Perché se è vero che ha prodotto (e produce) enormi danni materiali – 751 miliardi di dollari, secondo le stime dell’Avana – primo, non è riuscito nel suo intento dichiarato – rovesciare il regime socialista cubano e semmai, al contrario, spingendolo ad arroccarsi su se stesso per lungo tempo – e secondo, ha alimentato (o meglio giustificato) quel «terrorismo di stato» denunciato anche ieri dall’ambasciatrice, che, sul piano umano ha provocato, sempre secondo i calcoli dell’Avana, la morte di 3478 persone, cubani e non solo (fra loro, ad esempio, il cittadino italiano Fabio Di Celmo, nella totale indifferenza del governo italiano).
Ma, come è noto, le risoluzioni dell’assemblea generale dell’Onu non hanno valore vincolante. Per cui il «bloqueo» continuerà . Ma c’ anche dell’altro oltre all’embargo. Il 7 ottobre scorso la giustizia Usa ha rimesso in libertà René Gonzà¡lez, uno dei 5 agenti «antiterroristi» cubani condannati e incarcerati già da 13 anni nelle carceri degli Stati uniti per essersi infiltrati nei gruppi ultrà dell’anti-castrismo di Miami con l’obiettivo di impedirne le iniziative terroriste e per questo, anziché ringraziati condannati a pene enormi come «spie». Gonzà lez è stato liberato dopo aver scontato la condanna ma, ulteriore sfregio, i giudici Usa gli hanno dato 3 anni di «libertà vigiliata» da passare a Miami, il cuore dell’anti-castrismo militante quindi pericoloso.
Per gli altri 4 – Gerardo Hernà¡ndez, Antonio Guerrero, Ramà³n Labaà±ino e Fernando Gonzà¡lez – niente, continuano a marcire nelle galere Usa, anche se Obama sa bene che non sono colpevoli delle accuse per cui sono stati condannati e gli basterebbe «un tratto di penna» per concedergli il perdono presidenziale. Ma è improbabile che lo faccia,impegnato com’è nella campagna per la rielezione (basta pensare al suo recente discorso all’Onu su Israele e lo Stato di Palestina…). Ossessione anti-cubana e arroganza imperiale impediscono la cancellazione di quell’obbrobrio che è l’embargo e la liberazione dei «5». A cui si aggiunge, ha lamentato l’ambasciatrice Soto, la supplementare «pena del silenzio» calato sul caso dai media mainstream.
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