LIBIA. Post-coloniali?

Loading

Qualche mese fa gli Stati Uniti avevano spedito un commando di addestrati alla demenza, a penetrare urlando nella casa dove l’alleato Pakistan ospitava Bin Laden, e ad ammazzarlo, infermo e inerme, in camera da letto, senza che potesse far un gesto. Tutto lo stato maggiore di Obama assisteva all’operazione, il commando essendo dotato di cineprese. Obama s’è rallegrato sia dell’uccisione sia dei rottweiler del comando speciale, e nessuno si è vergognato. Che terroristi e dittatori vadano ammazzati da prigionieri e senza processo deve essere un nuovo articolo della Carta delle Nazioni Unite. Le virtuose democrazie danno licenza di uccidere piuttosto che consegnare i loro nemici al Tribunale penale internazionale, dove potrebbero rivelare i molti intrallazzi fatti assieme. Resta da qualche parte un lembo di diritto internazionale? Non lo vedo.
Seconda. Non credo da un pezzo, e l’ho scritto, alle dittature progressiste.
Come il “socialismo di mercato”, sono un ossimoro che anche il manifesto ha fatto proprio. Si dà  il caso che io sia fra i fondatori di questo giornale, ed è fra noi una divergenza non da poco. Viene da lontano, dagli anni ’60 e ’70 quando abbiamo creduto che alcuni paesi, specie “arretrati”, potessero svolgere un ruolo mondiale positivo con un regime interno indecente. Famoso l’assioma dei “due tempi”: prima demoliamo i monopoli stranieri e poi vedremo con la democrazia. Fino a sembrare una variante del pensiero socialista, l’antimperialismo. Concetto sempre più confuso dopo lo sfascio dell’Urss, la Russia restando “altro” dal comando Usa, la Cina diventando un gigante del capitalismo mondiale con relativo supersfruttamento della manodopera, Cuba restando soltanto antiamericana perché, ha detto sobriamente Fidel Castro, il modello cubano non ha funzionato.
Anche i regimi latino-americani sono in genere antimperialisti sì, socialisti no. Chissà  che cosa vuol dire, in un mondo dove delle due superpotenze ne è rimasta una sola ma i candidati all’egemonia mondiale nei commerci, sulla schiena dei popoli propri e altrui, si moltiplicano. Non siamo ancora alle guerre commerciali ma alla corsa a chi arriva primo nella spartizione del bottino dei paesi terzi, diretti da qualche satrapo che ha preso l’eredità  del colonialismo. Storie bizzarre di degenerazione, specie in Africa, dove diversi leader anticolonialisti, tolto di mezzo lo straniero, piuttosto che far crescere il loro paese si sono occupati di liquidare senza esitazione gli avversari interni.
Terza. Che una parte consistente dei relativi popoli sia venuta a sentirsi oppressa è non solo comprensibile ma giusto. Che nelle rivolte di una popolazione giovane, nella quale un pensiero politico non ha potuto circolare, si inseriscano le potenze predatrici esterne era da attendersi. Non è stata la sinistra ad abbattere i dittatori. Essa non abbatte più nessuno. La mancanza di un pensiero e una struttura capace di assicurarsi libertà  politica e protezione sociale, si rivela drammatica una volta abbattuto o fuggito il “tiranno”, perché c’è sempre un esercito, o una nuova borghesia, un vecchio fondamentalismo pronti a prenderne il posto. I popoli in rivolta sono presto spossessati, vedi Tunisia e Egitto.
L’Europa lo sa, ma di quel che succede sull’altra sponda del Mediterraneo si occupano gli affaristi, non i residui delle sinistre storiche né i germogli della sinistra nuova che cercano di emergere fuori dai muri delle istituzioni. Un vecchio amico ha protestato quando chiedevo che si riformasse qualcosa come le Brigate internazionali – ma che dici, la rivoluzione spagnola era una cosa seria, queste rivolte sono derisorie. Non ne sappiamo molto e ce ne importa ancora meno.
Anche noi abbiamo dovuto contare su alleati più potenti per abbattere il fascismo. Ma qualche struttura politica, qualche partito ha innervato la resistenza che ha potuto anche presentarsi alle forze alleate come possibile nucleo di una dirigenza democratica. Queste strutture politiche dovevamo aiutarle a formarsi, accompagnarle. Invece ieri sulla Tunisia, oggi sulla Libia, domani magari sulla Siria diamo i voti a chi sia il peggio: Gheddafi o la Nato? Il meglio ai non europei non appartiene.


Related Articles

La crociata della Nobel anti-mine “Obama fermi quei robot killer”

Loading

Jody Williams in Italia per lanciare una campagna internazionale. Gli incontri con Bonino e Grasso

La corsa a Char­lie, tutto esaurito

Loading

Il comico Dieudonné per apologia di terrorismo: la differenza con l’umorismo di Charlie Hebdo, che mette in prima pagina un Maometto triste, che “perdona”. Il reato di blasfemia non esiste in Francia

Dopo la strage di Gaza, un appello: «Tacciano le armi in Medio Oriente»

Loading

L’appello urgente contro la violenza in Palestina di un gruppo di personalità della cultura italiana

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment