Napolitano avverte Bossi e chiede la riforma elettorale

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ROMA — Un fermo «no» alla secessione «padana». «Uno Stato Lombardo-Veneto?». «Grottesco». «Nell’ambito della Costituzione e delle leggi non c’è spazio per una via democratica alla secessione». Il capo dello Stato, in visita a Napoli per una serie di incontri celebrativi del 150° anniversario dell’Unità  d’Italia, pone un serio «stop» alle ricorrenti liturgie separatiste, sferza la Lega e ricorda che persino nell’immediato dopoguerra i leader separatisti siciliani finirono in manette. Sulla legge elettorale, proprio nel giorno in cui sono state consegnate in Cassazione un milione e duecentomila firme per l’abolizione del Porcellum, sostiene che urge nuovo sistema.

L’affondo arriva nel corso dell’incontro con i docenti e gli studenti alla facoltà  di Giurisprudenza dell’Università  Federico II dove si è laureato. Quanto alla Padania, Napolitano ha affermato in modo netto che «non c’è un popolo padano». «Si discute di federalismo fiscale ed è lecito, ma sulla secessione se si passasse dallo sventolio di bandiere ad atti preparatori, il discorso cambierebbe», ha aggiunto. Ricordando che «nel 1943-44 l’appena rinato Stato italiano, di fronte a un tentativo di organizzazione armata separatista, non esitò a intervenire in modo piuttosto pesante con la detenzione di Finocchiaro Aprile». E, quindi, fa capire, tanto più adesso tentativi secessionistici non sarebbero tollerati.

Al di là  di ogni valutazione sulla tutela della integrità  repubblicana, il presidente ha sottolineato in ogni caso l’anacronismo dei raduni di Pontida: «Ho avuto modo di dire che la secessione è fuori dalla storia e ho aggiunto fuori dalla realtà  del mondo di oggi — ha detto ancora — perché se si guarda al mondo d’oggi appare grottesco semplicemente il proporsi di creare che cosa? Uno Stato Lombardo-Veneto?». Nell’era della globalizzazione la Padania sarebbe costretta a calcare «la scena mondiale competendo poi con la Cina, con l’India, con il Brasile, con gli Stati Uniti, con la Russia… Mi pare che il livello di grottesco sia tale — ha continuato Napolitano — che dovrebbe bastare questo richiamo a far capire che si può strillare in un prato ma non si può cambiare il corso della storia».

Infine, per il capo dello Stato, con la legge elettorale attuale si è rotto il rapporto fiducia elettore-eletto: di qui la necessità  «di un meccanismo elettorale che faciliti un ritorno di fiducia». «Non voglio idealizzare o idoleggiare i modelli del passato — ha aggiunto —, perché sappiamo quanto la pratica delle preferenze grondasse di negatività , ma era una forma di collegamento più diretto» tra eletto ed elettore. «Come sempre, il capo dello Stato ha detto parole assolutamente condivisibili», ha commentato il presidente della Camera, Gianfranco Fini (che invita a cambiare il Porcellum in Parlamento). Rosy Bindi (Pd), vicepresidente di Montecitorio, sottolinea che «dal presidente è arrivato un invito a fare sul serio». Per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, Napolitano interpreta il comune sentire degli italiani». Per Antonio Di Pietro che Bossi sia un ministro costituisce un «vulnus» istituzionale. Mentre, fino a tarda sera, nessuna reazione ufficiale del Pdl.


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