Ogni anno muoiono 8 milioni di bambini sotto i 5 anni

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Roma – Un bambino che nasce in Somalia, Guinea, Ciad o Niger rischia di morire da piccolo cinque volte di più di un bimbo nato in Svizzera o in Norvegia. Quasi otto milioni di bambini muoiono, ogni anno nel mondo, prima di avere compiuto 5 anni, uno ogni quattro secondi, di cui oltre il 70% muore nel primo anno di vita e il 40% nel primo mese. Le cause sono spesso malattie banali e curabili, quali le complicazioni pre e post parto (21%), la polmonite (18%), la malaria (16%) e la diarrea (15%). Sono dati Unicef riportati da Save The Children nel rapporto  “Accesso Vietato – Perché la grave carenza degli operatori sanitari ostacola il diritto alla salute dei bambini”, in occasione del rilancio della Campagna Every One, per dire basta alla mortalità  infantile . A queste malattie si aggiunge la malnutrizione come concausa di un terzo dei decessi infantili.. Il 65% dei decessi infantili da malnutrizione avvengono in 10 paesi: India, Cina, Nigeria, Pakistan – dove la situazione è drammaticamente peggiorata dopo le alluvioni – Indonesia, Bangladesh, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo, Filippine, Tanzania. Quasi la metà  della mortalità  infantile si concentra nell’Africa sub sahariana (49%), e nell’Asia meridionale (33%), dove rispettivamente 1 bambino su 8 e 1 bambino su 15 muoiono prima di compiere i 5 anni. In termini assoluti, metà  di queste morti avviene in 5 Paesi: India (che da sola conta il 30% del numero dei decessi infantili), Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Pakistan e Cina. Ad aggravare ulteriormente un bilancio così catastrofico sono state le recenti emergenze come quella nel Corno d’Africa, che ha già  provocato la morte di decine di migliaia di bambini in Somalia ed Etiopia,  e quella in Pakistan, dove nelle aree colpite dall’alluvione è stato  rilevato un tasso di malnutrizione dei bambini del 23%.

Secondo Save the Children, 350 milioni di bambini al mondo non vengono visitati da un operatore sanitario in tutta la loro vita. La cifra è ricavata dalle stime dell’OMS che parlano di 1 miliardo di persone nel mondo senza accesso a nessuna cura sanitaria. Il 35% della popolazione mondiale è costituita da bambini,  il 35% di 1 miliardo corrisponde a 350 milioni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità  per assicurare un’assistenza sanitaria di base occorrono 23 operatori sanitari ogni 10.000 persone.  L’intervento di un operatore sanitario può fare la differenza fra la vita e la morte di un bambino: Save the Children stima infatti che dove ce ne sono troppo pochi, un bambino rischia cinque volte di più di perdere la vita prima di aver compiuto 5 anni.

Sono Ciad e Somalia i paesi in fondo alla classifica per numero degli health workers e per il loro impatto nell’assistenza ai bambini.  Un quarto del peso delle malattie mondiali grava sull’Africa, ma sul continente lavora solo il 3% dei dottori, delle infermiere e delle ostetriche del mondo. In totale, su tutto il pianeta mancano 3.500.000 operatori sanitari, incluse 350.000 ostetriche. Per assicurare un’assistenza sanitaria di base, occorrono 23 operatori sanitari ogni 10.000 persone. Tuttavia 61 paesi – di cui 41 in Africa – sono ben al di sotto di questa soglia.  Sono le stime fatte con il nuovo Indice degli Operatori Sanitari di Save the Children, che prende in considerazione 3 parametri, cioè il numero di operatori sanitari, la percentuale di bambini che ricevono 3 dosi di vaccino per difterite, pertosse e tetano e il tasso di parti assistiti da personale specializzato.  Un bambino bisognoso di cure e assistenza, dal momento della nascita in poi, corre in quei paesi un rischio 5 volte maggiore di morire rispetto ai paesi in cima all’indice Svizzera, Finlandia, Irlanda, Norvegia. In Somalia si contano 1,5 operatori sanitari ogni 10.000 persone a fronte di 1 bambino su 5 che muore prima di aver compiuto i cinque anni di età  .  In Etiopia il rapporto è  di 2,6 su 10.000 persone, a fronte di un tasso di mortalità  infantile di 1 bambino ogni 10. Al contrario la Norvegia conta oltre 188 tra dottori, infermieri e ostetriche ogni 10.000 abitanti, con un rapporto di un operatore sanitario ogni 53 abitanti. In Guinea, Somalia e Niger, il rapporto è rispettivamente di 1 operatore ogni 7.143, 6.667 e 6.250 abitanti.

“Gli operatori sanitari sono il cardine di qualsiasi servizio sanitario. Senza di loro, non si possono somministrare i vaccini, prescrivere medicinali salvavita, dare assistenza alle donne durante il parto. Senza operatori sanitari, malattie come la polmonite e la diarrea diventano mortali, soprattutto per i bambini piccoli o neonati e tanto più se questi bambini e le loro mamme vivono in aree rurali, più difficilmente raggiungibili.”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia.

“Il 4° e 5° obiettivo del Millennio, cioè la riduzione di due terzi della mortalità  infantile e dei tre quarti di quella materna entro il 2015, non potranno essere raggiunti finché bambini e mamme non potranno contare sull’assistenza e la cura di operatori sanitari quando ne hanno bisogno”, sottolinea Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia. “Stimiamo che se solo ci fossero 350.000 ostetriche in più e ad ogni parto assistesse un operatore sanitario qualificato, 1,3 milioni di neonati potrebbero essere salvati”.

L’Ong dichiara che nel 2010 ha supportato la formazione di quasi 85.000 operatori sanitari nei paesi in via di sviluppo e l’obiettivo è di arrivare a 400.000 entro  il 2015.  Con la campagna Every One agisce a sostegno della salute di bambini e madri, prima durante e dopo il parto e programmi per la nutrizione materno-infantile. Approvigiona ambulatori medici e ospedali, supporta centri per bambini con problemi di malnutrizione, fornisce supporto economico a donne e famiglie, promuove sistemi agricoli e coltivazioni. (rc)

 

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