Quei bimbi stressati già  a quattro anni ecco come liberarli dall’ansia di successo

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PARIGI – Il mal di pancia prima di andare a scuola, lo scatto d’ira all’uscita dalla partita o ancora la febbre il giorno del compleanno. Il malessere segreto dei nostri figli si nasconde forse dietro a piccoli sintomi, a volte banali. «Abbiamo caricato i bambini di troppe aspettative. Sono condannati al successo», spiega il neuropsichiatra Boris Cyrulnik, lanciando un grido d’allarme nel suo nuovo saggio “La Vergogna”, che ha già  provocato un acceso dibattito in Francia e ora è pubblicato anche in Italia. Un traguardo dopo l’altro, senza potersi permettere di fallire. A scuola, nello sport, nelle discipline artistiche come nelle relazioni con gli amichetti, i piccoli sperimentano spesso la paura di non essere all’altezza. Secondo uno studio tedesco ripreso da Der Spiegel, la competizione tra bambini non è mai stata così forte: almeno il 50% di loro sperimenta lo stress tipico degli adulti, quell’ansia da prestazione che di solito esiste solo nel mondo del lavoro e può portare a fenomeni come il burn-out, l’annientamento emotivo.
«Nelle società  occidentali, c’è una spasmodica ricerca del risultato, il culto della performance in ogni campo: intellettuale, fisico, sociale», continua Cyrulnik famoso per i suoi studi sulla resilienza dei bambini traumatizzati nelle guerre. «Una mente infantile – aggiunge – è molto più sensibile all’approvazione o alle critiche». I desideri dei genitori o di altri adulti vengono introiettati e, se non vengono realizzati, provocano un sentimento di vergogna. Insieme ad altri esperti, Cyrulnik si batte per l’abolizione dei voti e delle pagelle a scuola. «Si tratta di un’ossessione che tende a discriminare e penalizzare ancora di più alcuni alunni», ha scritto il neuropsichiatra nell’appello al governo insieme allo scrittore Daniel Pennac e al socialista Michel Rocard. «Il voto non riassume da solo il progresso didattico mentre indebolisce la fiducia in se stessi che è necessaria per il successo a scuola».
Altri specialisti francesi, come la psicologa Marie Bérubé, suggeriscono di alleggerire le giornate dei bambini. Troppe ore di lezioni in classe, troppe attività  pomeridiane, tra sport, musica, teatro e altre discipline: il tempo libero quasi non esiste. «Invece di farli divertire o rilassare – racconta Bérubé – queste attività  sono diventate ulteriori occasioni di stress».
L’idea di un’educazione meno competitiva è diametralmente opposta a quella lanciata qualche mese fa negli Stati Uniti da Amy Chua, la portavoce delle “mamme tigri” che propone di allenare i bambini come piccoli atleti, comunque vincenti e prestanti. «I genitori dovrebbero invece sviluppare l’empatia – ribatte Cyrulnik – . Accettare e rispettare i loro figli per come sono, senza cercare di trasformarli a immagine e somiglianza dei propri sogni». Il sentimento di vergogna, spiega lo psichiatra, comincia ad apparire intorno ai quattro anni, proprio insieme all’empatia, quando il bambino esce dal suo universo mentale per rappresentarsi dall’esterno, come lo vedono gli altri. Il rischio è più elevato tra i maschi, che sin da piccoli sono immersi in una cultura che li vuole forti e infallibili. «Ma non è solo una responsabilità  dei genitori. Pesano anche i miti, la cultura e le aspettative sociali, che tra l’altro cambiano a seconda delle epoche», continua il neuropsichiatra con la speranza che, grazie all’attuale crisi, l’imperante “condanna al successo” passerà . Il suo consiglio è accompagnare il naturale sviluppo infantile, non cercare di dominarlo ad ogni costo. «La vergogna è normale e salutare per venti minuti – conclude Cyrulnik – molto meno se dura vent’anni».


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