La videomaker collaboratrice de ilfattoquotidiano.it Angela Nittoli, il fotografo del Corriere della Sera Massimo Barsoum e il videomaker freelance per La7 Roberto Di Matteo sono stati controllati da agenti per oltre mezz’ora su un marciapiede poi, nonostante avessero mostrato carta d’identità e tesserino dell’Ordine dei Giornalisti, sono stati portati al commissariato, perquisiti e chiusi in una cella di sicurezza (ma con la porta aperta), senza telefoni ed effetti personali. Per più di due ore è stato impedito loro di mettersi in contatto con le proprie testate. Sono stati rilasciati solo a presidio concluso. La questura ha parlato di «normale controllo».

L’aggettivo probabilmente si riferisce alla frequenza con cui vengono fermati i giornalisti, episodi simili sono già successi. «Tutto questo sa di censura preventiva», accusa la Federazione nazionale della Stampa che nei giorni scorsi, con l’Ordine dei giornalisti, aveva incontrato il ministro dell’Interno Piantedosi proprio «per discutere delle interferenze della polizia». Il ministro aveva negato «l’esistenza di un modus operandi specifico contro i giornalisti». «È invece evidente – commenta la Fnsi – che esista una linea di intervento per scoraggiare i cronisti dal documentare i blitz di questi attivisti. Una palese violazione delle leggi sulla stampa e dell’articolo 21».

M5s, Avs e Pd hanno chiesto spiegazioni a Piantedosi e al prefetto di Roma. «Questo è l’ennesimo atto intimidatorio che dipinge la caduta di un pilastro della nostra democrazia: la libertà di stampa – hanno detto da Ug, dando appuntamento per domani a Roma -. È fondamentale alzare la voce, questo riguarda tutti». In serata il dipartimento di pubblica sicurezza ha provato a metterci una pezza: «Il personale intervenuto ha relazionato che i soggetti sul posto non hanno dichiarato o dimostrato di essere giornalisti. Hanno esibito delle carte di identità».

* Fonte/autore: Luciana Cimino, il manifesto