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SIAMO A PIAZZALE Ostiense, nel cuore della capitale. Fa caldo, la musica è già alta, la manifestazione si sta riempiendo. È stata convocata dalla comunità trans, non binaria e intersex «per l’autodeterminazione e contro la violenza istituzionale». Nel mezzo c’è una bandiera lunga diversi metri con i colori bianco-celeste-rosa e la scritta: «Protect trans youth». Torna a sfilare dopo il grande corteo dell’aprile 2023, il primo in Italia a difesa dell’adolescenza transgender. Stavolta la partecipazione è minore, ma il grido di allarme è più denso perché nel frattempo l’esecutivo ha messo mano a diversi temi che riguardano la comunità transgender, a partire dall’accesso ad alcune terapie.

«NON SIAMO SORPRESI: sapevamo già che si sarebbero mossi su questa linea. Adesso però hanno gettato la maschera: agiscono apertamente contro noi persone lgbtqia+, con le dichiarazioni pubbliche e con le misure politiche. Questa è violenza istituzionale», afferma Gioele Lavalle, dell’associazione Gender X. Al braccio ha un nastro bianco che lo identifica come membro del «Gruppo accessibilità e cura», che ha il compito di tutelare il corteo come corpo collettivo e rispetto alle singole persone che lo animano. Una sorte di servizio d’ordine, ma svuotato da qualsiasi logica machista.

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LA MOBILITAZIONE contesta duramente la costituzione del «tavolo tecnico di approfondimento in materia di trattamento della disforia di genere», nominato questa settimana da Roccella e dal ministro della Salute Orazio Schillaci. Composto da 29 membri, di cui 25 maschi e nessuno appartenente alle associazioni trans. Si occuperà sicuramente della triptorelina, che sospende la pubertà ed è utilizzata in alcuni casi per gli adolescenti transgender, e forse anche dei farmaci riservati ai maggiorenni che decidono di intraprendere un percorso di affermazione di genere.

«STANNO GESTENDO questa cosa in maniera autoritaria. Mia figlia ha iniziato il processo di transizione quando era già adulta, dopo un’adolescenza infernale. C’è un abisso di dolore che questi politici non conoscono e non vogliono vedere. Non sanno cosa significa per queste ragazze e questi ragazzi non riuscire ad andare al mare perché rifiutano il proprio corpo o avere le mestruazioni quando si identificano con il genere maschile. Se mia figlia avesse potuto usare la triptorelina avrebbe avuto cinque, sei, sette anni in più di vita normale», afferma Marina. Insieme ad altre donne e uomini regge uno striscione dove è scritto: genitori di ragazz* trans.

DURANTE LA CONFERENZA stampa in apertura del corteo è stata annunciata una mobilitazione che queste e altre famiglie hanno organizzato per giovedì prossimo. Si incateneranno davanti alla sede dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), dove si dovrebbe riunire il tavolo tecnico.

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L’UNICA ESPONENTE istituzionale che fa capolino nel corteo è Marilena Grassadonia, coordinatrice Ufficio diritti Lgbt+ di Roma Capitale e candidata alle europee con Alleanza verdi sinistra (Avs). Attacca il governo «che conferma ancora una volta la sua postura contro i diritti civili e la libertà di autodeterminarsi», ma critica anche la deputata di Europa Verde Luana Zanella, eletta con Avs, che insieme alla collega dem Marianna Madia ha depositato un atto parlamentare per definire «in tempi rapidi linee guida su disforia o difformità di genere».

INIZIATIVA CONTESTATA dalle organizzatrici del corteo che nel comunicato di lancio dicono: «il linguaggio di quel documento segna una postura politica che appare disinformata e violenta verso le persone trans* e il loro diritto alla salute». Afferma Grassadonia: «Io non sono d’accordo con quella linea, la posizione di Sinistra italiana dentro Avs è completamente diversa e chiede la difesa dei percorsi realizzati a tutela degli adolescenti transgender nell’ospedale Careggi di Firenze, attaccato dalle destre».

OLTRE AI COLORI trans e non binari, in piazza sventolano quelli della Palestina. Mentre una camionetta della celere presidia la bandiera di Israele sotto la Fao, dal camion dicono: «Non permetteremo che i corpi delle persone lgbtqia+ siano utilizzati per legittimare il genocidio. Il nostro posto è al fianco degli oppressi. Denunciamo tutti i crimini patriarcali, di cui la guerra è la massima espressione».

* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto