Arriva il contratto unico contro la precarietà 

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ROMA – Si lavora al contratto unico per le nuove assunzioni senza toccare le regole di chi è già  assunto. Si lavora a un sussidio di disoccupazione valido per tutti coloro che perdono il lavoro. Si lavora a rafforzare un modello contrattuale con una baricentro sempre più spostato verso il livello aziendale anziché quello nazionale. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, non ha parlato ieri in Parlamento né di licenziamenti facili, né, dunque, di modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ha indicato le linee guida di una possibile riforma del mercato del lavoro per superare l’attuale dualismo tra chi ha le garanzie e chi (i giovani, in particolare) vive nella precarietà .
Base di partenza la proposta sulla flexsecurity, ispirata al modello danese, del senatore del Pd, Pietro Ichino. Ma senza strappi. «Con il consenso delle parti sociali – ha detto Monti – dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati mentre altri sono totalmente privi di tutele e assicurazioni in caso di disoccupazione». Plaudono le imprese, Confindustria in testa. Apprezza la Cisl di Raffaele Bonanni, si muove con cautela il leader della Cgil, Susanna Camusso. Esattamente come la maggioranza del Pd. Si schiera anche l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «Le comunicazioni di Monti si collocano in assoluta continuità  con quanto il governo Berlusconi ha realizzato o avviato a realizzazione».
“Mercato del lavoro e flexsecurity” si intitola il capitolo del discorso di Monti dedicato all’occupazione. Le nuove regole riguarderanno solo i prossimi assunti. L’ha voluto spiegare anche Ichino che ieri ha avuto un breve incontro con il presidente del Consiglio e il ministro del Welfare, Elsa Fornero: «Le nuove regole riguarderanno le nuove assunzioni e non chi ha già  un posto di lavoro stabile. Ci sarà  più articolo 18 e non meno». L’idea è quella di un contratto unico “a stabilità  crescente” (una proposta, assunta da alcuni parlamentari, è stata avanzata anche dagli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi). Tutte le assunzioni avvengono con un contratto a tempo indeterminato ma nessuno è inamovibile. Nel caso di licenziamento individuale per motivi economici o tecnico organizzativi è prevista – nello schema Ichino – un’indennità  per la ricollocazione pari al 90 per cento dell’ultima retribuzione per il primo anno e con un meccanismo a scalare del 10 per cento in ciascuno dei tre anni successivi al primo. Soluzione costosa, che infatti non convince del tutto nemmeno la Confindustria.
E costoso – tanto che Monti ha voluto precisare che bisognerà  tenere conto «dei vincoli di bilancio» – è anche il progetto di un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. Obiettivo: garantire un sussidio al reddito per chiunque perderà  il lavoro. Ma il nodo in questo caso sarà  rappresentato proprio dalla risorse. Fin dai tempi della “Commissione Onofri” del 1997 fu questo il fattore che bloccò ogni tentativo di riforma. L’ultimo governo Berlusconi negò addirittura la necessità  di rivedere la cassa integrazione. Gli economisti del sito lavoce. info, Boeri e Garibaldi un costo pari a 15,5 miliardi a regime per introdurre un sussidio unico garantito a tutti, indipendentemente dal tipo di contratto. Un sussidio che dovrebbe sostituire alla cassa integrazione straordinaria, all’indennità  di mobilità  e ai diversi sussidi di disoccupazione. Esclusa solo la cassa integrazione ordinaria che interviene nei casi di crisi congiunturale, dovuta all’andamento del mercato.


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