Corsa al super tutor la chiave per entrare nelle università  d’élite

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GLI studenti diligenti non contino troppo sulla loro preparazione scolastica: per accedere a una buona università , il 100 alla maturità  non basta più. Se poi si punta a una delle migliori università  del mondo – Oxford, oppure La Sorbonne – bisogna eccellere. Ed essere preparati a superare un percorso a ostacoli che passa attraverso curriculum, testi scritti ed esami di ammissione.
Negli Stati Uniti essere ammessi a un ateneo della Ivy League è così complesso che la preparazione inizia già  all’asilo e passa per la frequentazione di determinate scuole e il superamento di specifiche prove. E gli altri come fanno? Si affidano a precettori, una figura d’altri tempi tornata in auge e sempre più diffusa. Sorta di super-tutor, insegnante privato che si occupa di un singolo studente alla volta. Spiega Mary Myers, americana laureata ad Harvard, che in Italia segue studenti che vogliono studiare all’estero: «Due anni di preparazione sono indispensabili. Si parte con un paio di incontri al mese per motivare il ragazzo. E poi si intensifica la preparazione della lingua inglese (aver superato l’esame Toefl è indispensabile) e si lavora su ciò che l’università  scelta richiede».
Percorsi analoghi anche per superare i test di ammissione delle università  prestigiose italiane: per accedere al Politecnico di Milano si inizia a studiare a maggio, parallelamente all’esame di maturità . Mentre servono due anni per prepararsi al test d’ingresso di certe scuole collegate alle professioni mediche, come il corso triennale di Logopedia all’Università  di Torino. I prezzi? Per un aiuto puramente “tecnico”, cioè di preparazione a un test specifico, basta un buon neo-laureato che fa da coach a gruppetti di due o tre ragazzi e offre i suoi servigi per 300-500 euro. Ma se si pensa a un’università  straniera allora sono sempre di più quelli che riscoprono il precettore (sul modello anglosassone: dove un tutor privato può costare anche 20 mila euro l’anno). «Per mio figlio Leone il tutor si è rivelato decisivo – racconta Caterina De Renzis Sonnino, che disegna etichette di vini in Toscana – . In America o Inghilterra è facile trovare persone preparatissime, in grado di stimolare gli adolescenti di casa nostra che risentono di un sistema scolastico poco attento al singolo. Una possibilità  per privilegiati? Io lo ritengo un investimento sul futuro». Il precettore (anche l’avvocato Agnelli, da ragazzo, ne aveva uno nella casa torinese. Si chiamava Franco Antonicelli ed è citato in Vestivamo alla marinara) può abitare a casa del suo allievo o visitarlo tutti i giorni, giocare a tennis con lui, accompagnarlo nei primi assaggi di studio all’estero. Una spesa certo. Ma che aumenta le chance dello studente di entrare a Harvard piuttosto che a Cambridge. O in una delle grandi scuole francesi o tedesche dove ci si specializza in economia politica o amministrazione pubblica. Ne vale la pena? Qualcuno dice di no: «Il rapporto tra pari che si stabilisce con un giovane “tutor” può essere utilissimo – sostiene Tilde Giani Gallino, psicologa e specialista dell’età  evolutiva – ma non si deve avere l’ossessione per il risultato. Si studia per dovere o per passione, ma la propria strada si trova nel tempo, senza bisogno di doping». E per entrare alla Bocconi o alla Luiss, cioè nelle università  private italiana che svettano nelle classifiche nostrane? Serve un buon liceo, classico o scientifico, il punteggio massimo alla maturità , la conoscenza perfetta dell’inglese e magari un anno già  trascorso all’estero. Insomma anche da noi la rincorsa inizia da lontano.


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