Moody’s avverte Sarkozy «Rischiate la tripla A»

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PARIGI — L’incubo di Nicolas Sarkozy, della Francia e quindi anche del resto d’Europa si chiama Alexander Kockerbeck. Tedesco, fluente in francese grazie agli studi a Reims e in italiano (ha vissuto a Milano), il signor Kockerbeck lavora a Francoforte per l’agenzia di rating americana Moody’s e, in qualità  di analista principale sulla Francia, redige le note che nelle ultime settimane hanno gettato nel panico il governo francese.
Per preparare Parigi a una perdita della «tripla A» ormai quasi certa — e già  avvenuta nei fatti se guardiamo al comportamento dei mercati —, Alexander Kockerbeck ieri ha usato queste parole: «I costi di finanziamento elevati sul lungo periodo amplificheranno le sfide di budget alle quali è sottoposto il governo francese — si legge sul bollettino settimanale di Moody’s —, in un contesto di deterioramento delle prospettive di crescita, con conseguenze negative sul credito». In sostanza, a febbraio Moody’s dovrà  pronunciarsi sul rating della Francia e con questo nuovo avvertimento Kockerbeck mette le mani avanti: il giudizio non sarà  positivo. Sotto il peso di Moody’s e delle paure sul deficit americano le Borse europee sono crollate, con l’indice parigino Cac 40 in calo del 3,41%.
In occasione dell’allarme precedente, il 17 ottobre, l’analista di Francoforte aveva annunciato che Moody’s si dava tre mesi di tempo per verificare se la prospettiva «stabile» associata alla tripla A francese potesse dirsi ancora giustificata; il presidente Nicolas Sarkozy reagì immediatamente andando in televisione a garantire ai francesi e al mondo che il governo avrebbe fatto tutto il possibile per mantenere un rating di eccellenza conquistato nel lontano 1979. E il 7 novembre il premier Fillon ha presentato una nuova manovra di austerity allo scopo di raccogliere — tra tagli alle spese e aumento delle entrate — 100 miliardi di euro entro il 2016. Non è bastato.
I mercati non sembrano affatto rassicurati dalle misure di rigore a breve-medio termine prese dai singoli Paesi, che hanno come probabile effetto indesiderato l’ulteriore rallentamento della crescita. E infatti è stato sufficiente che Kockerbeck tornasse a pronunciarsi ieri sul debito francese che lo spread tra i titoli francesi e quelli tedeschi si è allargato di altri 20 punti, toccando quota 163 (la scorsa settimana aveva raggiunto i 202 punti). Il ministro delle Finanze, Franà§ois Baroin, ha reagito con una nota nella quale riafferma che «la Francia continua a finanziarsi sul mercato a condizioni molto favorevoli» e che le misure di austerity non danneggeranno la crescita, ma è un fatto che l’attuale spread francese è pressoché pari a quello dell’Italia solo quattro mesi fa, e che in questo lasso di tempo i titoli di Stato francesi sono peggiorati più velocemente di quelli italiani. Come per l’Italia — in ottobre declassata sempre dal temibile signor Kockerbeck —, ciò che accade in Francia riguarda tutta l’Europa.
Dopo la Germania, Parigi è il maggior finanziatore del Fondo salva Stati, e se la Francia perde la tripla A lo stesso potrebbe accadere all’Efsf. Lo ha detto esplicitamente il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, aggiungendo «non voglio che questo succeda». Quindi, secondo Juncker, è necessaria «un’azione rapida contro la crisi del debito».
Auspicio vago, che potrebbe significare una riforma profonda dell’economia francese — improbabile a cinque mesi dalle elezioni presidenziali — o un intervento globale che vada oltre le misure di austerity dei singoli Stati, fino a coinvolgere la Banca centrale europea: la cancelliera tedesca Angela Merkel non ne vuole neppure sentire parlare, ma se la Bce si risolvesse a stampare moneta o funzionasse finalmente da prestatore di ultima istanza — è questo il desiderio neanche troppo nascosto del presidente Sarkozy — l’euro avrebbe finalmente il big bazooka con cui fronteggiare le note del signor Kockerbeck.


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