Nulla di fatto contro la speculazione La finanza può stare tranquilla

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  CANNES. Durante la conferenza stampa di chiusura del vertice sembrava più un attivista delle tante Ong presenti nel centro stampa che un capo di Stato. Di fronte all’incapacità  di trovare un accordo su come finanziare il salvataggio di Grecia e Italia sia in sede europea che tramite il Fondo monetario internazionale, Nicolas Sarkozy non ha fatto altro che lanciare la sua campagna elettorale per le presidenziali francesi tornando a parlare di quanto raggiunto dal G20 sulla regolamentazione della finanza globale e dei banchieri, responsabili della crisi che viviamo.
Per il presidente francese il processo G20 negli ultimi tre anni ha compiuto dei passi importanti. Peccato che bisogna leggere tra le righe del comunicato finale per identificarli e che questi per il momento siano solo sulla carta. Sarkozy ha ricordato con orgoglio la lunga lista di paesi che si sono detti favorevoli a una tassa sulle transazioni finanziarie, il cavallo di battaglia della società  civile da un decennio a questa parte. A Francia e Germania si sono aggiunti nell’ultimo anno la Commissione europea, la Spagna, l’Argentina, il Brasile, il Sud Africa, l’Etiopia e tutta l’Unione Africana, e anche il Vaticano e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon hanno benedetto la tassa come buona e giusta.
Ma soprattutto, nelle parole del presidente francese, Barack Obama ha dato «la sua disponibilità » a considerare l’idea e il suo principio secondo cui «i responsabili devono contribuire a ripagare i danni che hanno fatto». Il comunicato finale del summit «riconosce le iniziative in alcuni paesi per tassare il settore finanziario per vari fini, inclusa una tassa sulle transazioni finanziarie, tra l’altro destinata sostenere lo sviluppo». Ma dietro il giubilo di Sarkozy, rimangono i soliti blocchi del Regno Unito e di Wall Street. All’appello manca l’Italia, che continua a non pronunciarsi anche quando una tassa del genere genererebbe un gettito molto utile per ripianare parte del debito.
Dal vertice sono uscite altre proposte di tasse internazionali: sui biglietti aerei, sui bukeraggi di combustibile per gli aerei e le navi, sul tabacco, pur di generare risorse aggiuntive per le emergenze globali. Anche il tema della lotta ai paradisi fiscali ha una menzione, dopo che era stato considerato erroneamente risolto dopo il vertice di Londra del 2009. Il G20 prende atto della nuova lista «nera» del Forum globale su tasse e sviluppo dell’Ocse, che rimette sotto i riflettori 11 paesi che ancora sono considerati paradisi fiscali, quali Panama o Antigua. C’è anche l’impegno a firmare una nuova convenzione multilaterale contro la segretezza di queste giurisdizioni, ma chissà  se sarà  mai approntata.
Il presidente francese ha poi riposto l’accento sulla necessità  di poter tornare a controllare i movimenti di capitale come uno degli strumenti possibili, specialmente in un contesto di crisi. Qualcosa che i paesi emergenti hanno fortemente caldeggiato nel precedente vertice del G20, costringendo il Fmi a un’inedita apertura sul tema nonostante il diktat di Wall Street e della City di Londra. Eppure di questo non c’è più traccia nel comunicato finale di Cannes. Analogamente c’è poco da difendere riguardo al tema che l’Eliseo aveva messo tra le priorità  del vertice in tema di regolamentazione della finanza: ossia come fissare regole restrittive per il commercio dei prodotti derivati collegati alle commodity, che sono alla base dell’enorme speculazione finanziaria che ha portato ad aumenti stratosferici delle materie prime. L’impegno a limitare la quantità  di derivati che singoli speculatori finanziari possono commerciare viene demandato ai singoli supervisori nazionali. Paradossalmente il G20 invita le istituzioni finanziarie internazionale ad aiutare i paesi più poveri a sviluppare prodotti finanziari derivati per i piccoli contadini, al fine di fronteggiare la volatilità  dei prezzi. Una follia, molto gradita ai mercati finanziari. Stessa sorte per gli odiati credit default swap, responsabili delle scommesse al ribasso sui paesi dell’area euro, su cui si rimanda ad un nuovo studio dell’Iosco. Insomma, il G20 ha fallito ancora una volta. E la finanza globale festeggia.
*CRBM


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