Ong, crescono gli operatori all’estero: sono oltre 7 mila

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ROMA – E’ in continua crescita il numero degli operatori della cooperazione internazionale all’estero. A rivelarlo è il dossier “Un mestiere difficile”, realizzato dalla Siscos, l’organismo che offre le coperture assicurative per gran parte degli operatori delle Ong. A tre anni di distanza dalla pubblicazione dell’ultimo dossier nel 2008, si vede che la crescita dell’impiego nel settore si afferma sempre più, anche in un periodo di crisi economica generale.

Se già  nel 2007 si era registrata una crescita dell’1,6%, raggiungendo le 6.253 unità , nei tre anni successivi c’è stato un vero e proprio balzo in avanti, con un incremento medio annuo del 4,7%, per un totale di 7.194 operatori nel 2010. Rispetto all’inizio del 2001, l’aumento di forza lavoro nella cooperazione è stato di circa il 62%.

Nel 2010 l’aumento del numero di operatori interessa entrambe le forme contrattuali, ovvero sia quella di “contratto di collaborazione a progetto” (riferito agli operatori privati), sia quella stipulata nell’ambito della legge del ministero degli Affari Esteri (Mae) 49/1987. È interessante notare come tra il 2007 e il 2010 sia aumentato anche l’insieme di cooperanti e volontari Mae, raggiungendo un numero di contratti superiore anche a quello del 2006 e – almeno apparentemente – invertendo la tendenza al declino registrata negli ultimi anni.

Nonostante quest’inversione di tendenza, gli operatori privati restano comunque la stragrande maggioranza degli espatriati impegnati nella cooperazione: rappresentano l’89% della cooperazione rispetto al 10% dei cooperanti Mae e a meno dell’1% dei volontari, quando questi ultimi due gruppi, considerati congiuntamente, nel 2001 costituivano ancora il 14% del totale.

Analizzando invece la durata dei contratti degli operatori privati si vede che alcune delle principali tendenze identificate nei dossier passati si vanno affermando in maniera più decisa. Innanzitutto, i contratti inferiori ai sei mesi che in quanto a valore assoluto hanno subito una discreta crescita – con un aumento del 14% rispetto al 2007 – continuano a rappresentare il 75% del totale dei contratti. Va notato per altro che una buona parte di questa fascia è costituita da contratti “brevissimi”, cioè di durata inferiore a un mese (sono ben 2050, praticamente un contratto stipulato su tre).

A fronte di questo dato, c’è da segnalare però l’aumento considerevole dei contratti di collaborazione della durata di 12 mesi, che se nel 2007 erano 694, nel 2010 sono ormai diventati 1006: c’è stato insomma un incremento del 45% di questa forma contrattuale. Un dato particolarmente interessante se si considera che si è manifestato negli anni 2008-2010, in un periodo di profonda crisi economica. Se inoltre a questi 1006 si sommano i 498volontari e cooperanti con contr atto Mae di durata di almeno un anno, si vede che sono 1504 gli operatori che nel 2010 hanno trovato impiego nella cooperazione per un periodo di 12 mesi, un significativo aumento del 40% rispetto alle 1078 persone con
contratto annuale nel 2007. In ampio calo è invece la fascia intermedia dei contratti da 6 a 11 mesi, che ormai rappresenta appena il 9% dei contratti totali.

In base a questi i dati il Dossier sottolinea che se da un lato il contratto di collaborazione a progetto permette alle Ong una grande flessibilità  e un risparmio in termini di oneri fiscali, dall’altro è  comunque fonte di precarietà  per le risorse umane impiegate nel settore della cooperazione e aumenta la tendenza al turnover, influendo negativamente sulla possibilità  di formare a lungo termine gli operatori espatriati. Indubbiamente, una delle concause di questa situazione è la tendenza dei donatori pubblici e privati a finanziare progetti di breve o brevissima durata. Dall’altra parte però c’è da registrare l’aumento davvero notevole dei contratti annuali, a testimonianza di come il settore della cooperazione sia ormai una realtà  lavorativa significativa e riconosciuta nel panorama italiano.

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