“Cig, 3,3 miliardi di ore dall’inizio della crisi”

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ROMA – In tre anni di crisi, dal 2008 a oggi, il ricorso alla cassa integrazione ha raggiunto la cifra monstre di 3 miliardi e 300 milioni di ore. Oltre mezzo milione di lavoratori sono stati mediamente coinvolti. Ciascuno ha perso in media 22 mila euro di retribuzione. Sono le cifre dell’Osservatorio sulla cassa integrazione del dipartimento industria della Cgil. Numeri che descrivono la profondità  della crisi occupazionale ma anche come, con i tassi di crescita del Pil appena sopra lo zero, sarà  difficile invertire la tendenza in tempi ravvicinati. La cassa integrazione ha garantito un sostegno al reddito a una parte rilevante della popolazione, ha attenuato in parte l’impatto della recessione sul piano sociale, e rappresenta pure uno dei fattori decisivi che hanno consentito al nostro tasso di disoccupazione di restare intorno all’8,3 per cento (corrispondente a circa 2,1 milioni di persone), più sotto delle media europea che si attesta al 10 per cento circa. Coloro che ricevono la cassa integrazione a zero ore, infatti, pur non andando a lavorare mantengono il rapporto con l’azienda e dunque sono considerati al pari dei lavoratori occupati.
Le tre tipologie di cassa integrazione (l’ordinaria per le crisi congiunturali, quella straordinaria per le crisi strutturali e quella in deroga per tutti gli altri casi) si sono sostanzialmente unificate rendendo possibile il passaggio dall’una all’altra. L’unica differenza, che però non ha inciso sui trattamenti, è che la cassa in deroga è pagata dalla fiscalità  generale mentre il fondo per le altre due viene alimentato dai versamenti all’Inps dei datori di lavoro e dei lavoratori. La parte del leone l’hanno fatta proprio la cassa straordinaria e quella in deroga: 2 miliardi e 122 milioni di ore nel triennio, contro il miliardo e i 160 milioni di ore della cassa ordinaria.
L’andamento della cig segue, dunque, un percorso diverso a seconda della tipologia: un calo della ordinaria (circa -4 per cento tra ottobre e settembre) a fronte di un incremento di quasi il 7 per cento di quella straordinaria. Segno che la crisi non è finita, ma soprattutto che la caduta della domanda interna causata proprio dalla perdita di reddito, pesa, in alcuni casi più degli altri fattori internazionali, sulla tenuta stessa di settori del nostro tessuto produttivo. «C’è il rischio – ha commentato il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere – che già  il prossimo anno esplodano stagnazione e disoccupazione: un mix micidiale».
Il 60 per cento di richieste di cassa integrazione si giustifica per motivi di crisi aziendali e sempre più sono «unità  aziendali territoriali» (+ 17,32 per cento in un anno). Questo – secondo il rapporto della Cgil – vuol dire che «c’è un aumento di gruppi industriali con insediamenti in più territori piuttosto che di aziende singole».
La crisi ha facce diverse e indubbiamente nelle regioni settentrionali è prevalentemente crisi industriale. Anche per questo la regioni in testa alla classifica per il ricorso alla cig nel corso dell’ultimo anno c’è la Lombardia con quasi 183 milioni di ore di cassa integrazione corrispondenti a oltre 100 mila lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Ed è il settore metalmeccanico quello più colpito dalla cassa integrazione (170 mila lavoratori a zero ore), seguito dal commercio (con quasi 60 mila lavoratori) e dall’edilizia (circa 43 mila lavoratori).
Degli oltre 470 mila lavoratori attualmente in cig a zero ore, circa 136 mila ricevono il trattamento ordinario, 200 mila quello straordinario e 160 il trattamento in deroga.


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