Tremonti fuori dai giochi «La mia verità  in un libro»

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ROMA — Una lunga chiacchierata con Beppe Pisanu, senatore dissidente del Pdl, contrario alle elezioni e prontissimo ad appoggiare un esecutivo guidato da Mario Monti. Un paio di vasche a braccetto con Pietro Ichino, senatore del Pd e per poche ore anche candidato a entrare in un possibile governo tecnico, concluse con una sonora risata quando Nicola Latorre, altro senatore Pd, li incontra e saluta i «due ex ministri». Il voto della legge di stabilità , poi via dal Senato, verso il suo ufficio al Tesoro dove resterà  tutto il pomeriggio.
I maggiorenti del Pdl, a decine, sfilano in processione verso Palazzo Grazioli dove Silvio Berlusconi prepara il «post-Berlusconi», ma il ministro dell’Economia non si vede. Sarà  che è raffreddatissimo e pure febbricitante, sarà  che già  da qualche tempo non ci credeva più, fatto è che mentre il governo affonda e se ne prepara uno nuovo, Giulio Tremonti, l’uomo che fino a ieri poteva dire di avere il Paese in mano, è fuori dai giochi.
Un po’ per scelta, e un po’ per forza. Da mesi il ministro dell’Economia mostra un distacco freddissimo dalle mosse di Berlusconi. Non ha partecipato alla stesura della famosa lettera di 14 pagine all’Europa e non si è speso più di tanto per tradurre quelle indicazioni in un provvedimento di legge. Le ha pure difese, all’inizio della settimana all’Ecofin e all’Eurogruppo a Bruxelles, ma non ci ha mai creduto fino in fondo. Resta dell’idea che quella dell’euro sia una crisi politica che avrebbe meritato una risposta politica, e che in questa fase gli stimoli alla crescita dell’economia usando il bilancio pubblico siano la stessa cosa che buttare i soldi dalla finestra. Ai suoi interlocutori, in queste ore, ripete di essere tranquillissimo e di aver fatto fino in fondo il suo lavoro, che era quello di tenere a bada i conti pubblici, pure riuscendoci.
Ancora fino a pochi mesi fa veniva considerato una «risorsa» per il Paese, e lo dicevano in giro anche parecchi esponenti delle opposizioni. In Europa e nelle sedi internazionali si è costruito e continua ad avere grande credibilità . Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non gli ha mai nascosto la sua stima. Azzoppato dall’affare Milanese, abbandonato dal presidente del Consiglio che imputa ai suoi «no» buona parte delle cause della caduta del governo, sopraffatto dai troppi nemici che si è guadagnato pretendendo di dare lezione a tutti, Tremonti non sembra avere più carte da giocare. Anzi, come dice allargando le braccia uno dei suoi fedelissimi, «rischia di passare come l’unico, vero sconfitto della crisi». Se non altro Silvio Berlusconi ha ancora dietro di sé un buon pezzo del partito, ed è ancora lì a cercare di dettare condizioni.
Umberto Bossi ha sempre sostenuto Tremonti e in ogni momento di tensione con il premier è sceso in suo soccorso, minacciando guai a chi avesse «osato toccare» il superministro. Ma la Lega Nord, ormai, si è chiamata fuori dai giochi e il ministro non può più contare nel suo aiuto. Se poi lo volesse davvero, perché ai suoi collaboratori Tremonti continua a ripetere che non gli interessa minimamente avere un ruolo, che ha giurato fedeltà  al governo Berlusconi, che ha fatto il suo lavoro. È già  a buon punto nella scrittura del suo nuovo libro al quale, dice a tutti il ministro, «affiderò la mia verità  sulle vicende di questi ultimi mesi».
Se anche avesse in testa altri disegni per l’immediato, il ministro dell’Economia fa di tutto per non farlo capire. Oggi presenzierà  al voto della Camera sulla legge di stabilità , poi parteciperà  all’Ufficio di presidenza del Pdl, convocato per discutere la proposta da presentare al capo dello Stato. Il partito propone la soluzione Dini, Berlusconi rilancia la carta Alfano, e ha già  fatto intendere che sacrificherebbe volentieri Tremonti se quel posto servisse a Mario Monti e a salvare l’idea di un governo politico. Non è un buon momento e Tremonti lo sa. Una giornalista lo blocca confidandogli di essere una sua «fan». Lui si ferma, la guarda, e risponde: «Davvero? Si sente bene»?


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