Addizionali, casa, Iva, benzina su ogni famiglia tasse e rincari peseranno per oltre 600 euro

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MILANO – Tanti (soldi), maledetti e subito. I mercati non attendono. Frau Merkel ci aspetta con la matita rossa per controllare se abbiamo fatto i compiti a casa. Il Governo Monti così, causa tempi stretti, ha partorito una manovra che ha il pregio di riavvicinare l’Italia al pareggio di bilancio e all’Europa – come dimostra la retromarcia degli spread di ieri – ma fatica ancora, complici i tempi stretti, a tener alta la bandiera dell’equità .
Certo, come ha detto il premier, i sacrifici non riguardano solo «i soliti noti»: l’aumento dell’Iva colpisce sia i contribuenti virtuosi che i furbetti del fisco, ci sono l’una tantum sui capitali rientrati con lo scudo e la stangata su yacht, elicotteri e auto di lusso (gettito, va detto, poche decine di milioni). Mentre il ritorno sotto mentite spoglie dell’Ici e l’aumento degli estimi catastali spostano dal reddito al patrimonio il carico dei sacrifici. Il risultato finale però è uguale: a cantare e portare la croce, anche nell’era del governo tecnico, sono sempre gli stessi. Il costo medio per famiglia del decreto “Salva-Italia” – ha calcolato l’ufficio studi della Cgia di Mestre – sarà  di 635 euro, mentre secondo le stime delle associazioni dei consumatori arriverebbe addirittura a 1700 euro.
Ma proprio i provvedimenti “lineari” nati per spalmare la manovra sulle spalle di tutti hanno il paradossale effetto di penalizzare di più chi già  ha il fiato corto: i lavoratori dipendenti che guadagnano di meno.
I casi elaborati dal think tank degli artigiani lagunari che riportiamo di seguito parlano da soli: il conto finale della stangata per una famiglia con il reddito inferiore ai 30mila euro è (in proporzione) superiore del 15% rispetto a chi di euro ne guadagna 50mila e addirittura del 60% a quello di una famiglia nelle cui tasche ne entrano 150mila, sfuggita in zona Cesarini all’aumento delle aliquote Irpef.
Peggio ancora – si era capito dalle lacrime agrodolci di Elsa Fornero – va ai pensionati con assegni previdenziali appena superiori ai mille euro lordi, non certo una fortuna da Paperoni. Colpiti alla voce uscite con gli aumenti delle tasse (la falce di Imu, Iva e accise varie non sta a guardare la data di nascita sulla carta d’identità ) e beffati pure dalla sterilizzazione della rivalutazione degli assegni previdenziali.
Piove sul bagnato: l’Ocse ha certificato ieri che l’Italia è uno dei paesi più avanzati con la maggiore disuguaglianza dei redditi. Una leadership consolidata negli ultimi anni in cui il divario tra ricchi e poveri tricolori si è allargato a ritmi da primato: la penisola è all’ottavo posto (su 34 nazioni) nella hit parade per la disparità  sociale, mentre viaggia al quinto posto nella graduatoria per l’allargamento della forbice tra inizio anni ’80 e 2010. Il decreto “Salva-Italia”, purtroppo, rischia di farci guadagnare ancora qualche posizione in classifica. Anche perché chi ne esce meglio – manco a dirlo – sono davvero i soliti noti: quei professionisti dell’evasione fiscale che nascondono ogni anno al fisco 220 miliardi di euro. Pagheranno un po’ più di Iva e di Ici, sborseranno qualche euro in più per il pieno all’auto. Si faranno furbi per dribblare l’asticella (non proprio insormontabile) del tetto ai mille euro per il contante. Ma tutto lì. Almeno a loro, per ora, è andata bene.


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