GALLIANO FOGAR, UNO STORICO NON REVISIONISTA

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Per anni è stato segretario dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia, istituto che lui fondò con Ercole Miani, Alberto Berti, Antonio Fonda Savio e Carlo Schiffrer. Ha scritto libri e articoli fondamentali sulla resistenza, sull’occupazione nazista della Venezia Giulia, sull’esodo istriano del dopoguerra, sulla tragedia delle foibe, ecc, tenendo come basso continuo la presenza di un fascismo che in queste terre mostrò il suo volto più virulento, razzista e imperialista, e che cercò in tutti i modi di distruggere l’identità  e la cultura slovena.
Per quasi 30 anni Fogar, inoltre, si è prodigato – trovando spazio per le sue denunce quasi quotidiane solo sul manifesto – presso i grandi quotidiani nazionali, la Rai ed esponenti del centrosinistra, per cercare di «arginare» – diceva – bugie e inesattezze che, per ignoranza o malafede, da anni vengono dette e scritte sulla storia della Venezia Giulia, sulle foibe e sulla questione dell’esodo istriano. Senza grandi riscontri. L’ignoranza su questi argomenti continua a farla da padrona, a tutto vantaggio della destra «sdoganata» e di quanti portano da anni avanti il disegno di revisionare la storia recente per delegittimare la resistenza e con essa la costituzione antifascista. «Anche grandi storici italiani – raccontava – sanno poco della storia della Venezia Giulia che, invece, è documentata fin dal 1946, quando lo storico triestino Carlo Schiffrer rinnovò la storiografia giuliana con i suoi studi su irredentismo e fascismo giuliano, superando le facili ed erronee letture nazionalistiche e celebrative». «An e la Casa delle Libertà  – aggiungeva – vogliono far passare l’idea che si tratta di storiografia di stampo comunista, mentre ci troviamo davanti a un buco nero di ignoranza storica degli avvenimenti accaduti in questa zona». «I grandi mezzi d’informazione – diceva ancora lo storico – hanno gravi responsabilità  perché non si documentano e si limitano ad ampliare e ad avallare stereotipi nazionalisti e fascisti sulla storia del confine orientale: dalle foibe viste come genocidio di tutti gli italiani al sempre incombente pericolo slavo-comunista. Per quanto riguarda le foibe, per esempio, in tanti continuano a parlare di 12.000-50.000 vittime, mentre i dati obiettivi parlano di 4.000-6.000 persone scomparse in tutta la Venezia Giulia, tra il ’43 e il ’45, e non solo per infoibamento. Nessun giornalista si rivolge al nostro istituto per avere informazioni reali. Pochi sono anche gli storici che ci interpellano. Così le bugie si perpetuano nell’ignoranza». Dal processo della Risiera, nel 1976, non si contano più i tentativi di equiparare la resistenza alle foibe, il comunismo jugoslavo al nazifascismo, per dire magari che il primo è stato peggiore dell’altro. «A questo hanno contribuito anche la martellante campagna di stampa sulla “vergogna della tragedia dimenticata” e sui processi per le foibe, dimenticando che già  sotto il governo militare alleato erano stati celebrati a Trieste decine e decine di processi a infoibatori o presunti tali con condanne fino all’ergastolo».


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