La marcia dell’Italia anti razzista
FIRENZE – Samb Modou e Diop Mor, uccisi martedì scorso da un killer razzista a colpi di pistola, vengono ricordati a Firenze in una sorta di funerale civile, un rito collettivo e silenzioso a cui partecipano oltre ventimila persone, come se il male provocato da uno solo si potesse distribuire in parti uguali tra tanti. Aprendo il corteo la comunità senegalese intona un canto di preghiera per i due fratelli morti nei mercati di piazza Dalmazia e San Lorenzo ma poi sceglie di marciare per le strade senza cori né slogan, scandendo un’unica frase: «Basta razzismo». Anche i politici in cammino – Bersani, Vendola, Rosy Bindi, Paolo Ferrero, il leader della Fiom Landini, Fabio Evangelisti, persino l’ex ministro Rotondi – tentano di rendere meno ingombrante la loro presenza rinunciando a parlare dal palco e lasciando che a rappresentare le istituzioni sia il presidente toscano Enrico Rossi, che rivolge un appello a Napolitano «perché conceda subito la cittadinanza italiana ai tre giovani rimasti feriti nell’attentato» e al Parlamento «perché approvi misure più efficaci per combattere la diffusione di culture razziste e xenofobe troppo a lungo tollerate». Il leader storico dei senegalesi fiorentini Pape Diaw invita invece la politica «a voltare pagina sulle politiche per l’immigrazione. Solo così», aggiunge, «questa tragedia non sarà stata inutile».
Nessun incidente, la manifestazione scorre ordinata come vuole la comunità senegalese, che si occupa anche di organizzare un robusto servizio d’ordine che con metodi molto convincenti tiene alla larga chi sembra volersi agitare un po’ troppo. A provocare l’unico momento di tensione una decina di ragazzi dei centri sociali che se la prendono con Renzi e gli urlano «comunista rosé» e «fascista, sei il primo della lista».
Non viene contestato invece a Verona il sindaco leghista Flavio Tosi che a sorpresa si unisce al corteo dei senegalesi riunito in piazza Bra, mentre a Milano la manifestazione da piazzale Loreto alla stazione Centrale lungo il percorso viene messa in crisi quando alcuni migranti gridano «assassini» ad agenti e carabinieri in tenuta antisommmossa. Anche Bologna si mette in marcia contro il razzismo: uno dei portavoce senegalesi, Sene Basir, dice «Ci sentiamo italiani e invece ci chiamano clandestini». Sfilano le comunità africane a Torino e a Genova, dove il ministro Andrea Riccardi, in visita al museo del Mare, sottolinea come «troppo si è parlato con durezza e asprezza di gruppi etnici minoritari e le parole tante volte diventano armi, pesantissime armi».
A Napoli sono oltre 1500 le persone riunite in piazza del Plebiscito mentre a Bari il sindaco Michele Emiliano è in prima fila nel corteo degli immigrati ed è proprio a lui che gli esponenti locali di CasaPound rivolgono un messaggio in tono seccato: «Siamo sereni e nonostante le polemiche sollevate in gran parte dal sindaco non accetteremo provocazioni». A CasaPound risponde Pape Diaw da Firenze: «Noi non abbiamo bisogno di scuse. Loro, piuttosto, dovrebbero vergognarsi. E non solo di fronte a noi ma davanti al mondo intero»
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