Mazziare i poveri gridando «equità »

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Da qualsiasi parte le si guardi, queste «riforme strutturali» aggravano le disugualianze. Dalla casa all’Iva (+2% da settembre), e soprattutto alle pensioni Equità  vo cercando, che sì cara… Ma trovarla è veramente un’impresa destinata al fallimento. Eppure il Commissario europeo all’economia, Olli Rehn, si è precipitato domenica sera a garantire con una nota ufficiale che in effetti «c’era equità ».
Per una manovra così pesante, che si aggiunge ad altre due nello stesso anno (a luglio e agosto), sembrava fondamentale che fosse socialmente distribuita con qualche accortezza, in modo da non pesare solo «sui soliti noti» e restituire il senso di una «partecipazione allo sforzo» di «tutte le componenti della società  italiana».
Persino la Chiesa, che pure può vantare nel governo una percentuale semi-bulgara di ministri provenienti dalla Cattolica, non l’ha trovata. «Si poteva fare di più sui redditi alti con l’Irpef», ha mormorato Giancarlo Bregantini, responsabile Cei per i problemi sociali. Proprio le manovre sull’Irpef, in effetti, restituiscono la cifra della disuguaglianza sociale vista, aggirata, aumentata. In altri tempi avremmo detto «il segno di classe», con ragione.
Per giorni era stato lasciato trapelare che i redditi oltre i 75.000 euro annui avrebbero subito un aumento dell’aliquota Irpef dal 43 al 46%. Per giorni la destra berlusconiana aveva storto il naso. E ha vinto («il no all’aumento dell’Irpef vuol dire che è passata la nostra impostazione», ha spiegato Angelino delfino Alfano). Un mancato introito improvviso. Ma come è stato coperto? Semplice: con l’aumento dell’«addizionale regionale Irpef», dallo 0,9 all’1,23%. In pratica a tutti i cittadini che dichiarano un reddito – di qualsiasi importo – verrà  sottratto lo 0,33% in più rispetto all’anno scorso. Cosa cambia? I benestanti (fino agli ultraricchi) sborseranno un decimo di quel che avrebbero dovuto, nel caso fosse passata l’ipotesi iniziale; tutti gli altri un qualcosina in più. Ed è noto che queste «qualcosine» vengono notate molto da chi ha poco. E viceversa.
La materia fiscale è scivolosa, vischiosa, fa sembrare uguali tutti i redditi, in qualunque modo siano stati generati. Prendiamo l’Iva. Verrà  aumentata anch’essa, dal prossimo 1 settembre. Si fa finta che ciò avverrà  soltanto per evitare di dover «rimodulare le agevolazioni fiscali» (un numero davvero grande, dalle detrazioni alle esenzioni). Ma scatterà  certamente e sarà  anche questa «differenziante», perché peserà  molto di più sui redditi bassi. Per esempio: si pagherà  il 23%, anziché il 21, per la benzina, i telefonini, ecc; il 12 (invece del 10%) per la carne, i salumi, la pizzeria o i servizi turistici. Chi ci rimette di più, in proporzione al reddito?
Lo stesso ragionamento si può fare per le tasse sulla casa, ora reintrodotte. Non si chiamerà  Ici, ma Imu (imposta municipale unificata); comprenderà  al suo interno un «restyling» (la dolcezza delle parole ha un suo perché, probabilmente) della tassa sui rifiuti e una rivalutazione drastica delle «rendite catastali». La prima va in proporzione alla dimensione del nucleo familiare, non del reddito. La seconda – «giusta» in astratto, visto che erano ferme da 15 anni – è proporzionale ai valori precedenti, ma non distingue più di tanto tra chi ha molto e chi ha poco. È vero che la «prima casa» viene tassata al 4 per mille, mentre già  la seconda subisce un rincaro fino al 7,6. Ed è verissimo che solo in Italia non c’era più una tassazione significativa sugli immobili. Ma anche qui è stato scelto un criterio «proporzionale astratto», che finisce per gravare di più su chi – non sono pochi – sta magari ancora pagando il mutuo mentre rischia di perdere il lavoro.
Del resto, il «guanto di velluto» con i patrimoni «consistenti» si vede anche nel trattamento riservato ai capitali «scudati» da Tremonti e Berlusconi. L’1,5% di quelle cifre, da dare al fisco, non farà  piacere ai loro proprietari; ma certo non ha nulla a che vedere con il «trattamento europeo» riservato ai capitali esportati illegalmente (obbligo di dichiarare la propria identità , l’ammontare dell’evasione, pagamento delle tasse arretrate con gli interessi, in cambio della decadenza delle conseguenze penali ed uno sconto sulle sanzioni).
L’«equità », stiamo dicendo, presuppone il riconoscimento delle differenze che si hanno davanti. Altrimenti diventa solo «equità  attuariale», un criterio contabile. Proprio quella che – con molta enfasi – riconosce Il Sole 24 Ore nell’ennesima «riforma delle pensioni» e che ha nel «sistema contributivo» l’esempio pratico. Pochi ricordano che il contributivo è stato sistema vigente fino al 1968(ahi…)-1976. Aveva creato una marea di pensionati poveri, e si corse al riparo introducendo progressivamente il «retributivo». Oggi avviene l’opposto, ripristinando le condizioni della «povertà  degli anziani». Ma, per favore, non veniteci a raccontare che lo fate «per equità ». ELSA FORNERO «Stavo per dire ‘sono commossa’, ma non è la mia condizione persistente. Così preferisco dire ‘sono felice di essere qui con voi’», così la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali ha scherzato ieri mattina sulle lacrime versate domenica nel corso della conferenza stampa per illustrare la manovra del governo quando doveva pronunciare la parola «sacrifici», pensando a quelli che dovranno fare gli italiani. Un fiotto di singhiozzi con Monti che prende la parola in sua vece ma l’apostrafa: «Commuoviti pure ma correggimi». Sulla reazione dei sindacati compatti nel criticare la manovra la ministra risponde: «Siamo una squadra… c’è il presidente del Consiglio… bisogna vedere tutto. Non commento».
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 PORTA A PORTA Il premier Mario Monti sarà  intervistato da Bruno Vespa questa sera su Raiuno tra le 20.35 e le 21.05, in anticipo sull’orario canonico, nella prima parte di uno speciale dedicato alla manovra. Sarà  il giornalista ad andare a Palazzo Chigi. In seconda serata il ministro Corrado Passera e il vice ministro Vittorio Grilli (e non il ministro Elsa Fornero come annunciato in un primo momento) si confronteranno con il vice presidente di Confindustria Alberto Bombassei, il segretario Uil Luigi Angeletti, il direttore del «Sole 24 ore» Roberto Napoletano e il direttore dell’«Unità » Claudio Sardo. Sul passaggio in tv da Vespa e sulle annesse polemiche il premier ha liquidato la querelle: «C’è stata solo un’onda di eccitazione psicodrammatica, di chi non aveva presente tutti i precedenti passaggi».
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RAPPORTO OCSE Aumentato il gap tra ricchi e poveri

In Italia aumenta il gap tra ricchi e poveri e la mobilità  sociale zoppica. È il quadro tracciato dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in un rapporto su crisi e diseguaglianze. Il salario medio del 10% più ricco nel nostro Paese, calcola l’organizzazione parigina, è oltre dieci volte quello del 10% più povero, 49.300 euro contro 4.877, e il divario è aumentato rispetto agli anni ’90, quando il rapporto era di 8 a 1. La quota di reddito nazionale controllata dell’1% più benestante è infatti aumentata dal 7% del 1980 al 10% nel 2008, e quella in mano allo 0,1% più ricco («circa 60.000 persone») è passata dall’1,8% al 2,6%.


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