Medici in prima linea

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ROMA – L’essere un outsider ce l’ha nel dna. Sarà  perché viene dalle file del manifesto, giornale che da sempre ha sviluppato un’allergia a etichette e partiti e di cui è stato direttore dal 1990 al 1992, ma a Sandro Medici, da dieci anni presidente del X Municipio a Roma, la voglia di giocare spiazzando amici e avversari sembra proprio essergli congeniale. Sarà  anche per questo (non solo, naturalmente) che a sorpresa ha annunciato dalle colonne del manifesto e con un’intervista a Radio Popolare Roma di voler partecipare alla primarie del centrosinistra per le amministrative del 2013, quando bisognerà  scegliere il candidato per la sfida alla poltrona di sindaco di Roma. Programma ambizioso, visto che per la corsa al Campidoglio ha già  dato la sua disponibilità  un pezzo da 90 del Pd come l’attuale presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, ma la cosa non sembra preoccuparlo più di tanto. «Con Nicola ne abbiamo parlato, mi sembra che non abbia problemi», assicura Medici, 60 anni, che sotto i baffi non riesce a nascondere più di tanto il sorriso di chi sa che sta rompendo le uova nel paniere ed è contento di farlo.
Le carte per perseguire un obiettivo importante come quello di insidiare a Zingaretti il ruolo di sfidante del candidato del centrodestra (oltre a quello di Alemanno si fa il nome dell’ex ministro Giorgia Meloni) Medici ce l’ha tutte. Come presidente del X Municipio, infatti, si è saputo conquistare ampi consensi soprattutto per l’attenzione sempre dimostrata verso le realtà  più emarginate. Per certi versi storica, a Roma, la sua battaglia per i senza casa, che lo ha portato a requisire una serie di palazzine abbandonate destinandole alle famiglie in possesso del punteggio necessario per avere una casa popolare. Ma anche l’istituzione del registro per le coppie di fatto e quello per raccogliere i testamenti biologici, quasi a sancire l’eguaglianza tra diritti sociali e diritti civili. E poi la creazione dei «Cantieri sociali», una cooperativa tutta formata da ex: ex detenuti, ex tossicodipendenti, ed ex degenti 180 a cui il municipio affida i lavoratori di manutenzione. O, infine, l’appoggio dato all’occupazione fatta da un gruppo di donne di un villino dell’Atac, villino che la municipalizzata voleva vendere e che è invece diventato un centro di accoglienza per donne in difficoltà . Ecco, esperienze così hanno contribuito a fare di Medici un politico fuori dagli schemi, dandogli un credito spendibile nella corsa al Campidoglio. Senza per questo alienargli le simpatie di settori più moderati. «Vorrei che la mia partecipazione alle primarie servisse proprio a dare voce a queste realtà  e potrei raccogliere consensi trasversali vista la mia non appartenenza a nessun partito», spiega oggi Medici. «A Roma, dopo l’infortunio Rutelli, si rischia di non tener conto per l’ennesima volta di un vasto mondo che agisce fuori dagli schemi di partito – prosegue -. Sto parlando di donne, movimenti, associazioni anche cattoliche. Si pensa che questi soggetti seguiranno il centrosinistra, ma non è scontato e si rischia il non voto». 
Roma come Milano, Medici come Pisapia? L’idea è quella di ripetere il miracolo milanese. Con due differenze non secondarie. La prima è che Medici non deve sfidare il candidato della destra (almeno non subito) e la seconda è che rischia di pagare il fatto di non essere conosciuto ai più come invece lo era Pisapia. Problema, quest’ultimo, che si potrebbe anche risolvere visto che le primarie non si terranno prima di settembre, ottobre del 2012. Almeno per ora, comunque, da parte di Zingaretti l’incursione di Medici non sembra creare problemi. Ufficialmente il presidente della Provincia non si è ancora pronunciato, ma è chiaro che per uno come lui, attento a fare delle primarie vere, con candidati veri e non solo di facciata, la scelta dell’ex direttore del manifesto può solo andar bene. E magari può essere utile per dare alla primarie quella carica in più preziosa per quando dovrà  sfidare il candidato del centrodestra. Ben vengano dunque altre possibili candidature. A farsi avanti, per ora, a parte Medici c’è forse solo Stefano Pedica dell’Italia dei Valori, ma è probabile che si aggiunga anche un nome proveniente da settori legati ai Verdi e all’ambientalismo. Candidature che nel Pd vengono considerate di bandiera, utili soprattutto a marcare l’appartenenza a un’area. Niente a che vedere con la possibilità  (reale, anche se mai confermata) della scesa in campo di un candidato vicino a Walter Veltroni che complicherebbe la corsa di Zingaretti. E qui i nomi di sprecano. Si va da quello del ministro Riccardi (che ha negato ma che è corteggiato anche dall’Udc di Casini) a quello dell’ex direttore dell’Unità  Concita De Gregorio, circolato inizialmente, poi smentito ma che negli ambienti della politica romana rispunta sempre. «Personalmente sostengo Zingaretti anche se penso che sia un po’ presto parlare di primarie per il Campidoglio, quindi direi che siamo più nell’ordine mediatico che politico», taglia corto uno che di primarie se ne intende come Giovanni Bachelet, lui stesso in corsa per la segretaria del Pd romano. «Dopodiché le primarie sono nel nostro statuto, ma credo che sia importante fare prima la coalizione poi scegliere i candidati». Ma come vede Medici proprio come candidato? «E’ il segno di una componente della sinistra che si riconosce in lui e non nel Pd ma che ha scelto di partecipare, e questo è positivo».
Uno per il quale Medici «ha tutte le carte in regola» per sfidare il presidente della provincia è Andrea Alzetta, consigliere comunale in quota movimenti (Action). «Le primarie servono a stabilire il peso delle idee. Zingaretti è una persona stimabilissima e anche di sinistra – spiega Alzetta – ma rischia di rappresentare la continuità  con Rutelli e Veltroni». In che senso? «Nel senso che rappresenterebbe il buon governo, formula che non basta più. Oggi serve ricostruire la democrazia dal basso, far fuori i partiti e sostituirli con i movimenti, sostenere un’altra mobilità  cittadina. Medici tutto questo lo ha praticato a livello di municipio, rappresenta la democrazia dei beni comuni, è fuori dall’apparato dei partiti». Un giudizio che trova d’accordo anche Vezio De Lucia, che a Medici chiede però un impegno particolare sullo sviluppo futuro della città . «Roma è la capitale dell’urbanistica contrattata, delle scelte fatte in accordo con i costruttori», spiega l’urbanista. Che detta l’agenda del futuro sindaco: «Subito lo stop allo sfruttamento del suolo, non con una dichiarazione di principio ma mettendo mano a una revisione degli strumenti urbanistici. Poi restituzione alla città  degli spazi rubati da bar, ristoranti e parcheggi, eliminare i pullman dal centro storico, piantare almeno un milione di alberi, pedonalizzare il centro e fare una politica culturale all’altezza di capitali come Londra, Parigi e Berlino». 
Medici for ever dunque? Mica tanto. E’ proprio a sinistra infatti che la scelta dell’ex direttore ha l’effetto di produrre musi lunghi. «Stimo Sandro, ma prima di parlare di candidature e di primarie sarebbe meglio discutere del programma e dell’eventuale coalizione», è stato il commento di Fabio Alberti portavoce romano della Federazione di sinistra. Più esplicito Massimiliano Smeriglio, assessore provinciale alle Politiche del lavoro e dirigente di spicco di Sel, che sulla scelta di Medici ammette onestamente: «Non mi convince, perché non tiene conto del contesto in cui siamo immersi. Da un lato ci si comporta come se le elezioni fossero già  vinte, con Alemanno sconfitto, con una candidatura vincente e altre candidature di testimonianza. Ma dall’altro ci sono grandi manovre al centro, con i giornali romani che sponsorizzano un’operazione neo-centrista. E francamente credo che dopo le sconfitte dell’ultimo periodo, più che presentare candidature di testimonianza dovremmo sparigliare». «Proprio per questo le idee contano», è la replica di Alzetta a Smeriglio. «Sostenere Medici e un’aggregazione basata sul programma farebbe bene anche alla Federazione della sinistra e a Sel». La corsa è cominciata.


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