Occupy, fronte del porto

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NEW YORK. Dopo alcuni giorni di tregua la voce degli indignati torna a farsi sentire negli Stati Uniti. Lunedì migliaia di persone hanno bloccato i principali porti della west coast, offrendo il proprio sostegno ai portuali impegnati nelle lotte sindacali e tentando di «interrompere il meccanismo economico che avvantaggia i ricchi e le aziende», come hanno precisato sul proprio sito internet gli organizzatori delle proteste. Le dimostrazioni, che hanno colpito il paese da nord a sud, erano parte di una giornata di protesta nazionale, dopo che nelle scorse settimane le principali città  americane avevano deciso di sgomberare gli accampamenti degli indignati nei parchi e nelle piazze. Gli indignati hanno preso di mira i terminal di proprietà  di SSA Marine, una compagnia di spedizioni le cui azioni appartengono in parte a Goldman Sachs, uno dei grandi nemici di Occupy Wall Street. Il suono dei tamburi e le urla di protesta sono riecheggiati lungo tutto il Pacifico.
Oakland, Portland, Longview…
Le manifestazioni più importanti sono state a Oakland, in California, a Portland, in Oregon, e a Longview, cittadina dello stato di Washington, i cui porti sono stati costretti a sospendere le operazioni. Gli indignati dichiarano vittoria, ma non sono mancate le critiche: le manifestazioni hanno infatti impedito ai portuali, membri del 99%, di lavorare e guadagnare. A Oakland circa mille persone hanno bloccato il porto, minacciando di andare avanti fino a notte fonda. Dopo una mattinata di proteste, durante le quali due persone sono state arrestate per aver bloccato il traffico, gli operatori dei terminal hanno deciso di non convocare i lavoratori per i turni pomeridiani. Il sindaco Jean Quan, duramente contestato dagli indignati che ne chiedono le dimissioni, ha espresso il suo dissenso chiedendo ai manifestanti di «rispettare i diritti del 99%», di coloro cioè che lavorano al porto. Nella città  californiana alle porte di San Francisco, teatro di violenti scontri a ottobre e novembre, non si sono comunque verificati incidenti e l’afflusso è stato molto minore rispetto alla manifestazione del 2 novembre, quando 10.000 persone bloccarono il porto. A Portland due compagnie di spedizione hanno anticipato la chiusura quando, all’alba, circa 200 manifestanti hanno parzialmente fermato il porto. I terminal 5 e 6 sono stati chiusi in mattinata, lasciando a casa circa 375 persone senza lavoro né stipendio per una giornata. Gli organizzatori delle proteste di lunedì hanno espresso il proprio appoggio soprattutto ai lavoratori portuali di Longview, dove la International Longshore and Warehouse Union, il principale sindacato che rappresenta circa 15.000 persone, sta combattendo per assicurare ai propri membri un posto di lavoro in una nuova struttura. Un centinaio di persone ha bloccato una strada di accesso al porto, fermandone le operazioni, e ha incitato i portuali.
Il sindacato prende le distanze
I leader sindacali hanno però preso le distanze dagli indignati, come ha sottolineato in una lettera Robert McEllrath, presidente della Ilwu. Nonostante condivida la preoccupazione «per il futuro della classa media e per gli abusi delle grandi aziende», McEllrath ha intimato al movimento di stare alla larga dalla disputa con il porto di Longview. I manifestanti hanno ribattuto accusando i sindacati di essere schiavi «delle leggi federali antisindacali». Duecento chilometri più a nord, a Seattle, undici persone sono state arrestate dopo una serie di scontri con la polizia. Gli indignati di Seattle, fra i più attivi in questo autunno americano, hanno bloccato i turni pomeridiani di due terminal, anche se le autorità  portuali hanno specificato che l’impatto sul traffico di container è stato minimo. Ad Anchorage, in Alaska, i manifestanti si sono mostrati solidali con gli indignati della west coast, ma hanno preferito indire un’assemblea per discutere della cattiva gestione del porto, piuttosto che bloccarne i lavori. A Long Beach, in California, la forte pioggia ha influito sullo svolgimento della manifestazione. Due persone sono state arrestate per resistenza a pubblico ufficiale e si sono registrati alcuni ritardi nel traffico. Sempre in California, vicino al confine con il Messico, ottanta persone hanno manifestato di fronte ai cancelli del porto di San Diego, senza però causare ritardi. Le manifestazioni sono continuate anche nella giornata di martedì. A Houston venti persone sono state arrestate per aver bloccato la rampa d’accesso di una interstatale, mentre a Denver e Salt Lake City i manifestanti hanno minacciato di fermare le operazioni nei centri di distribuzione di Walmart. Gli indignati americani continuano così la propria mobilitazione, cercando di colpire i guadagni dell’1%. «Occupiamo i porti», hanno scritto gli organizzatori, «per lottare contro lo sfruttamento locale e globale dei lavoratori e contro la negazione dei loro diritti».


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