Vladimir contro Vladislav Putin sacrifica il fedele Surkov genio del potere al Cremlino

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MOSCA — L’allontanamento dal Cremlino di Vladislav Surkov, ideologo della «democrazia guidata» di Vladimir Putin, potrebbe essere una nuova fase nello scontro tra falchi e colombe. Sacrificato per tentare di calmare gli indignati che sabato scorso erano scesi nuovamente in piazza a decine di migliaia, secondo alcuni. Ma forse invece defenestrato perché premeva per un colloquio (più o meno vero) con le opposizioni democratiche; con i manifestanti che Putin ha invece paragonato alle scimmie del «Libro della giungla». Di certo c’è che Vladimir Vladimirovich, che si appresta a tornare al Cremlino al posto di Dmitrij Medvedev da lui fatto eleggere quattro anni fa, non vuole più lavorare con il suo ex «Cardinale Richelieu».L’annuncio della rimozione (ufficialmente si tratta di dimissioni) è stato dato in diretta televisiva. Surkov, un 47enne brillante che ha perfino scritto, sotto pseudonimo, un libro sulla corruzione, ha mostrato di prenderla con filosofia. Andrà  al governo, con il rango di vice premier, ad occuparsi di innovazione tecnologica, il sogno putiniano di creare dal nulla una Silicon Valley alle porte di Mosca. E ha parlato del suo ridimensionamento affidandosi a richiami letterari: «La stabilizzazione divora i suoi figli» (lo aveva detto della Rivoluzione francese Danton); e «sono troppo odioso per il Mondo Nuovo», con riferimento al libro «Brave New World» di Aldous Huxley.

Era stato lui a inventare dal nulla il partito Russia Unita, i movimenti giovanili putiniani e perfino i partiti d’opposizione «morbida». L’idea era quella di governare tutto dal Cremlino, di gestire il consenso e il dissenso.
Alla vigilia delle elezioni di dicembre, Surkov e gli altri strateghi del Cremlino si erano accorti che sul lato democratico e liberale il fronte era scoperto. Così avevano invitato a entrare in gioco il miliardario Mikhail Prokhorov che però si era dimostrato troppo autonomo, liberale e democratico. In quattro e quattr’otto, almeno stando al racconto dello stesso Prokhorov, Surkov lo fece espellere dal partito.
Nei giorni scorsi, dopo le proteste di piazza, il burattinaio del Cremlino aveva iniziato a lavorare a un nuovo progetto. Prima aveva parlato bene degli indignati, «comunità  urbane arrabbiate», «il meglio della società  russa», e via dicendo. Poi erano partiti i suggerimenti: «Ci vuole una nuova formazione politica che rappresenti queste istanze».
Al comizio di sabato scorso si è presentato l’ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin che potrebbe proprio capeggiare un nuovo partito. Kudrin è stato accolto con i fischi, ma comunque ha fatto un primo passo. Anche Putin sembra aver accolto qualcuno dei suggerimenti di Surkov. Dopo la prima dimostrazione aveva parlato di scimmie e aveva detto che i nastri bianchi della protesta gli erano sembrati tanti profilattici (scatenando proteste e cartelloni satirici). Nelle ultime ore ha iniziato a dire di essere favorevole al dialogo, anche se non riesce a individuare un interlocutore. «In piazza c’erano i liberali, i comunisti e i nazionalisti; non vedo una piattaforma comune».
Ma è possibile il dialogo? I manifestanti hanno un solo vero punto in comune: la richiesta di nuove elezioni al posto di quelle falsate dai brogli. Su questo Putin non è disposto a trattare e dice che saranno i tribunali a decidere sui ricorsi. Poi promette che le presidenziali di marzo saranno assolutamente trasparenti.
Poco per gli indignati che però si trovano a dover affrontare una difficoltà  che appare insormontabile: per tradizione, da dopodomani iniziano le grandi vacanze natalizie, con dieci giorni di chiusura totale di uffici, fabbriche e scuole.


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