Casa, Lavoro: pagare per andarci Non è Giusto

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Milano inquinata e trafficata è un primato negativo che bisogna contrastare al di là  di ogni ragionevole dubbio: lo smog, come il fumo, nuoce gravemente alla salute e il diritto di vivere in una città  con l’aria respirabile senza avvelenare i polmoni con polveri e particolato è una giusta battaglia, da incoraggiare e sostenere. Ma se per un diritto se ne cancellano altri, monetizzando i divieti d’accesso al centro 

storico con una tassa, la cosiddetta congestion charge, è legittimo porsi qualche domanda per discutere senza false ipocrisie su vantaggi, svantaggi e costi per residenti e pendolari. In soldoni, visto che di questi si parla, nella città  di Milano è giusto pagare 2 euro per andare a casa propria o 5 euro per raggiungere il posto di lavoro? No, a noi non sembra giusto.E non semplicemente per un fatto di libertà  individuale che può anche subire un ridimensionamento davanti a un diritto non negoziabile come quello della salute, ma per il fatto che le modalità  del provvedimento sono affrettate e poco chiare, sia per quanto riguarda il miglioramento della qualità  dell’aria sia per i mezzi alternativi a disposizione dei cittadini. L’«Area C», che ha preso il posto dell’ormai inutile Ecopass, più che un muro antitraffico e antismog rischia di diventare la tassa del rientro a casa, un balzello che si aggiunge ai già  tanti che a Milano si devono pagare in un momento economicamente difficile per tutti. Il clima concitato di questi giorni, le proteste, la raccolta di firme, la minaccia di ricorsi, al di là  delle inevitabili strumentalizzazioni politiche, segnalano un disagio reale di cui non si può non tener conto: se sono residente in centro e rientro prima delle 18 devo pagare un pedaggio, se lavoro in centro e con i mezzi pubblici i tempi di percorrenza sono biblici, il passaggio in auto mi costa cinque euro ma — e questa è una contraddizione — se abito in centro e ho un’auto vecchia e inquinante posso liberamente muovermi, senza nessuna limitazione antismog. 
L’ondata di mail e di telefonate che assediano l’assessorato al Traffico in questi giorni non sono sintomo di rivolta: sono una richiesta di chiarimenti. Milano non è una città  ribelle e poujadista, ostile ai cambiamenti, come è apparsa in qualche assemblea dove Lega e Pdl si sono infilati con opportunistico tempismo. Milano è una città  collaborativa e responsabile che sa accettare divieti e limitazioni in cambio di vantaggi futuri per la salute e la vivibilità . 
Misure forti di limitazione al traffico sono necessarie per quella svolta nelle politiche ambientali tante volte invocata, anche da queste pagine: bisogna ridurre i livelli di inquinamento e rendere la circolazione meno caotica, avviare il percorso virtuoso e finanziario che porta ad avere più metrò e collegamenti con la vasta area metropolitana, più trasporto pubblico, più sosta regolamentata a pagamento, più isole ambientali. Deve cominciare sul serio la lotta al gasolio da riscaldamento negli edifici pubblici e privati e deve continuare il ricambio dei mezzi inquinanti di Atm e delle varie autoguidovie che entrano in città . 
La congestione del traffico è un danno per tutti: va ridotta con realismo, educazione e anche divieti, ma senza demagogie o pretese pedagogiche che riducono tutto ai balzelli da corrispondere a un Comune o uno Stato che spesso incassa senza garantire poi un ritorno vantaggioso per l’aria o per l’utenza. 
Se Letizia Moratti con l’Ecopass è finita impallinata dai suoi stessi alleati, Giuliano Pisapia, con l’Area C, lancia una sfida più rischiosa e ambiziosa, chiedendo ai milanesi del centro storico di fare un sesto grado. Vivremo meglio da lunedì a Milano? Ce lo auguriamo. Sull’inquinamento la congestion charge ha più o meno lo stesso effetto dell’Ecopass: cioè niente. Obbliga però a cambiare abitudini e rompe il monopolio dell’auto. Proprio per questo servirebbe più condivisione e meno confusione, una certa flessibilità  nell’applicazione dei divieti e degli orari. E una maggiore attenzione ai cittadini che vivono fuori dal centro: loro sì che pagano il vero tributo, in salute e in disagi, allo smog.
A costo zero potevamo tenerci l’Ecopass con un giro di vite alle auto più inquinanti. Oppure si poteva chiudere il centro storico, come fece il sindaco Tognoli. Ma questo avrebbe fatto arrabbiare molto di più i commercianti senza portare 30 milioni di euro nelle casse, esangui, del Comune. Un referendum in primavera ha detto che i milanesi vogliono drastiche limitazioni all’invasione delle auto: la giunta di Milano ha scelto di allinearsi alle pratiche di altre città  europee, Londra soprattutto. Ma questa non è una buona scusa per tassare così il rientro a casa dei residenti.
Giangiacomo Schiavi


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