E i benzinai sono pronti a dieci giorni di sciopero

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Ieri il coordinamento sindacale Faib Confesercenti e Fegica-Cisl ha dichiarato l’immediato stato di agitazione perché, a loro dire, il governo ha fatto «retromarcia su tutta la linea di fronte alla potente lobby dei petrolieri». In effetti, rispetto alle bozze originarie del provvedimento, molte cose sono cambiate. 
Intanto non c’è più l’obbligo per le grandi compagnie petrolifere di mettere in vendita almeno un terzo dei loro punti vendita, offrendolo ai gestori, anche in forma associata, a fronte di un indennizzo. E cade anche il divieto dei contratti di fornitura esclusiva da parte delle compagnie. Solo i gestori che hanno anche l’autorizzazione petrolifera, cioè quelli che sono proprietari degli impianti, potranno approvvigionarsi liberamente per una quota pari almeno al 50% del proprio fabbisogno. «Viene liberato solo chi è già  libero, e alla fine il provvedimento non riguarda più di 500 impianti su 25 mila esistenti», sostengono Faib e Fegica. 
Ma non è questo il solo motivo che suscita la protesta dei gestori che vorrebbero emanciparsi dalle grandi compagnie. La nuova bozza del decreto conferma la liberalizzazione delle attività  «non-oil» nei distributori di benzina, e stabilisce che non possano esserci vincoli o limiti al funzionamento dei self service, anche durante il normale orario di apertura, negli impianti situati fuori dai centri abitati. Una previsione che, a dire dei sindacati, potrebbe significare per le grandi compagnie la possibilità  di creare impianti totalmente automatici, con «l’espulsione» degli attuali gestori, che perderebbero così il lavoro.


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