Fitch ci declassa: debito troppo elevato Draghi: evitata enorme crisi di liquidità 

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DAVOS – Dal palcoscenico di Davos Mario Draghi fa due annunci. Il primo, più tecnico: «Eurolandia ha evitato un enorme credit crunch». Il secondo, più politico: «Gli spread sono stati un potente motore per le riforme in diversi paesi». Davanti all’elite dell’economia mondiale, il presidente della Bce descrive questi quattro anni di crisi come «i più lunghi della mia vita». Dipinge l’Eurolandia di oggi, con la mole di provvedimenti di rigore presi da ciascun governo come «un altro mondo rispetto a cinque mesi fa»: sta facendo «progressi eccezionali» nella soluzione della crisi, il sistema finanziario è «stabile», le banche sono «più forti». E dunque: «i mercati stanno esagerando il rischio-debito e questo può andare avanti ancora per un po’». In serata arriva infatti la doccia fredda di Fitch: l’Italia è declassata, come già  aveva fatto Standard&Poor’s: due gradini in meno, (da A+ a A-), con prospettive negative. Taglio del rating anche per Spagna, Belgio, Slovenia e Cipro. L’impegno di Monti – spiega l’agenzia – ha evitato «un ribasso più severo». Il declassamento è stato deciso anche per il rialzo dello spread, che però proprio ieri è sceso sotto quota 400. Immediata la replica del presidente del Consiglio: «Prendo questi giudizi con distaccata serenità . Rilevano delle cose che sono non particolarmente nuove, come il nostro alto debito pubblico e il modo non perfetto in cui l’Eurozona nel suo insieme viene governata».
A Davos c’è pure Ignazio Visco, il successore di Draghi al vertice della Banca d’Italia. Lo si vede impegnato in una serie di riunioni a porte chiuse con gli altri banchieri centrali e i manager più importanti. A loro esprime «grande apprezzamento» per le misure di politica economica del governo e per la riforma delle pensioni. Lo considera un buon avvio, l’inizio delle riforme strutturali che devono avere effetti su produttività  e competitività . Alla Bbc rafforza il messaggio tecnico dell’ex collega: «Il credit crunch è stato superato con le operazioni della Bce». «Le passività  e la raccolta delle banche ora sono sicuri; gli istituti possono continuare a dare credito ai clienti». Pare che si sia visto anche con il ministro Usa Tim Geithner, che pure annuncia: gli Stati Uniti cresceranno quest’anno tra il 2 e il 3% ma molto dipende «dal successo dell’Eurozona nello stabilizzare la crisi del debito». Per riuscirci serve un fondo salva-Stati «più forte e credibile». Aggiunge: «Abbiamo tre governi, Italia, Grecia e Spagna, che hanno fatto cose molto impegnative e una Bce che ha fatto quello che doveva fare». 
Draghi non menziona nessun paese. Ci tiene però a ricordare che le riforme sono «inevitabili», anche se provocano «una contrazione dell’economia»: il problema è «come attenuarla». E allora guarda a lunedì, quando volerà  a Bruxelles per il Consiglio Ue, intenzionato a varare il “fiscal compact” e il rafforzamento del fondo salva-stati. Due pilastri dell’Europa del domani che descrive così: «Il fiscal compact, questa serie di regole a livello di Trattato, è importante perchè sottrae dalla sovranità  nazionale parte della discrezionalità  della politica fiscale E’ il primo, timido passo verso l’unione fiscale». Il fondo salva-stati serve per evitare “cambi traumatici” negli spread. A monte di tutto ci sono le riforme e il rigore, indispensabili per tutti.Si sofferma a lungo sugli spread, un indicatore che per anni «non rifletteva la differenza nei rischi dei titoli». Poi tutto è cambiato, a partire da Lehman: allora questa percezione del rischio è «aumentata moltissimo». Ancora una volta ribadisce che è «diversa» l’identità  delle banche che hanno preso prestiti dalla Bce da quella che deposita i denari all’Eurotower. Riconosce che è «troppo presto» per dire se questi flussi finanziano l’economia reale, anche se ci sono dei segnali. Quindi ammette che «ci sono ancora tensioni sull’interbancario. Quando finiranno potremo dire che il sistema rifunziona regolarmente».


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