Il pasticcio del braccialetto elettronico “Da Bulgari avremmo speso meno”

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ROMA – Anche il braccialetto elettronico può diventare una metafora del “mal d’Italia”: com’è possibile che all’estero funzioni e da noi no? Il racconto dello stato dell’arte, fatto in presa diretta sia dai detenuti, sia da chi deve controllarli, è – purtroppo per i vari ministri e primi ministri – convergente: «Questi braccialetti, che poi sono delle cavigliere, sono delle baracche pazzesche. Non funzionano, i falsi allarmi non si contano, sono un problema nel problema», ci si sente dire.
Con detenuti svegliati nella notte insieme con le famiglie, perché sembrava fossero in fuga. E con altri detenuti che se la sono svignata senza ostacoli, senza che nessuno che se ne accorgesse. Con pattuglie che corrono di qua e di là , inutilmente. Un catanese, poco più che trentenne, che dopo quelli che definì «tre mesi d’inferno», afferrò un coltello da cucina e spaccò il congegno, dichiarando: «Meglio il carcere, almeno potrò dormire». A Milano, nelle casette minime della periferia est, i passanti venivano spaventati da chi, affacciato alla finestra, poteva apostrofarli così: «Lo vedi che mi hanno messo il collare, sono malato di Aids, non ho da mangiare, non mi puoi aiutare. Vai al bar e portami una bottiglia, non ho niente da perdere…».
Il governo Berlusconi, che si è contrabbandato come il “governo del fare”, aveva approvato nel 2003 un accordo con Telecom, leggi Marco Tronchetti Provera non ancora travolto dall’inchiesta sui dossier illegali e sulle spie, che ci è costato ben 11 milioni di euro l’anno. «Avremmo speso meno da Bulgari», ha ironizzato ieri il vicecapo della polizia Francesco Cirillo. Il contratto è appena scaduto, per fortuna. Risultati ottenuti? Zero. Infatti, l’ex ministro degli Interni, Angiolino Alfano, per risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri aveva via via garantito la costruzione di otto nuovi istituti: mai successo. Annunciato di tagliare le spese sistemando almeno il buco delle casse dello Stato con le società  d’intercettazione telefonica: altro bluff colossale, non risulta. E, ovviamente, di rilanciare l’uso del braccialetto: nonostante l’intervento di Niccolò Ghedini, che minacciava punizioni esemplari per chi se la fosse squagliata, tutte chiacchiere. Nel frattempo, gli esseri umani italiani che hanno avuto a che fare con questi sistemi di controllo elettronico, più metafisico che reale, tutti, e cioè poliziotti, carabinieri, detenuti, magistrati, hanno finito per scegliere senza eccezioni la sfiducia nella cavigliera Telecom. E l’hanno boicottata.
La voglia di sicurezza delle città , legittima e sacrosanta, grazie a una “politica della paura” usata spesso dal centrodestra, ma non contrastata a sufficienza dal centrosinistra, ha avuto il risultato di riempire le carceri – è cronaca – soprattutto di poveracci. Dall’Unità  d’Italia a oggi, nei 171 anni di storia italiana, non ci sono mai stati così tanti immigrati clandestini e tossici. E non si sono mai registrati così tanti detenuti per reati “senza vittima”, dove cioè non esiste una persona danneggiata. La quota 68mila detenuti – quando i posti disponibili sono 44mila – è regolarmente superata. In cento posti-branda sono ammassate – per statistica – 152 persone, mentre la media europea è di 107 detenuti ogni cento posti. Nel periodo di Tangentopoli, tra il ’92 e il ’93, quando alcuni politici, imprenditori e finanzieri, entrarono in carcere, provarono quello stile di vita e ci furono alcuni suicidi, si disse in Parlamento: mai più, bisogna cambiare. Finita quella che era un’emergenza per i colletti bianchi, le carceri sono tornate un pianeta lontano, oscuro, sempre più oscurato, svuotato con indulti e amnistie, dove i suicidi si contano a decine.
Oggi il nuovo Guardasigilli, Paola Severino, ha avuto l’idea di sospendere l’aiuto finanziario ai Beni culturali e dirottare 57 milioni dell’8 per mille allo Stato su questa emergenza. In qualunque modo saranno spesi questi euro, ora che il contratto precedente è scaduto, una domanda è lecita: ma com’è possibile che, nell’epoca dell’Ipad, di Internet, delle mappe satellitari, dei sofisticati antifurto per auto, dei microchip, non si riesca in Italia a trovare un sistema efficace per sapere se una persona, più che identificata, resta o no nel raggio di 200 metri quadrati?


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