Un pizzino sul frigo La notte di duello tra patron e agenti

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Semplice post-it oppure inquietante pizzino? «Era un promemoria, Sergio è il fruttivendolo fornitore, aveva dimenticato di consegnarci le patate che avevamo pagato». «Stia calmo, il fogliettino lo portiamo via noi. Le faremo sapere».
In tempi di crisi e di Fisco, il nuovo duello all’italiana, cioè il signor E (eventuale evasore) contro mister I (implacabile ispettore), sabato sera, al ristorante Puerto Alegre, sui Navigli, ha avuto la seguente trama degna d’un piccolo film thriller-psicologico. Nervi, studio dell’avversario. Colpi di scena, scena del delitto. Da una parte Giuseppe Gissi, 55 anni, proprietario padrone di casa e numero due dell’Associazione milanese degli esercizi pubblici. Dall’altra gli ospiti, due ispettori dell’Agenzia delle entrate. Le otto di sera. Aperitivo-buffet. In attesa della cena. Gente in piedi. Struscio. Gissi in cassa. Entrano due nuovi clienti. «Buonasera». «Legga». C’è scritto che devono perlustrare il locale per un controllo contabile sulla dichiarazione dei redditi del 2009. «Il 2009?». «Qualche problema?». «No». I due partono sparati per la cucina. Gissi li rincorre. «Vi ci porto io». «Prego». Chef, lavapiatti e camerieri stanno sudando. Gli ispettori li fissano. Gissi ha un ufficio sul retro, li accompagna. Lo inchiodano. Fuori la documentazione di tutto il personale. Un lavapiatti è un simpatico cingalese. «In regola?». «Per forza». «Impossibile». «Come impossibile?». 
Gli ispettori tornano in sala. Girano belle donne, risate. «Avete sete?». «Può portare dell’acqua? La paghiamo». «Sarò libero di offrirvi da bere, no?». «No». Mezza bottiglia di minerale. «Quanto fa?». «Due euro». Gissi va all’ingresso. Stringe mani, regala pacche sulle spalle. Gli ispettori, sui trentacinque anni, in borghese, contano sedie e tavoli. Annotano i numeri su un taccuino. Poi si siedono. Osservano. L’arredo rimanda alle costruzioni Maya. Gli ispettori tirano fuori il personal computer, ci infilano dati. Ricevono telefonate da colleghi nei dintorni. «Bisogno di una mano?». «Facciamo da soli». Gissi sente proprio così: «… da soli». Interrogativo: «Cosa diamine debbono ancora fare che ormai è mezzanotte?».
Lo chef ci dà  dentro con la specialità : spaghetti al dentice. «Straordinari» giura Gissi. Il quale spera che col dentice gli ispettori si mettano in pace e mangino. Niente. Viaggiano per la sala anche i vassoi di churrasco. Idem come sopra. Gli ispettori pretendono da Gissi altra documentazione contabile. Instancabili. Stakanovisti. Verificano la macchina degli scontrini. S’incrociano con il padrone di casa. «Ehi, venite il 28 del mese che hanno pagato gli stipendi e la gente spende. Perché non venite il 15?». Le due di notte. Manco lo degnano d’una parola. Stilano il verbale di avvenuto accertamento. «Nessuna infrazione. Sono pulito».
Potrebbero anche salutarsi. Ma è come un fulmine. Gli ispettori tornano in cucina. Eccolo sul frigo. Post-it. Pizzino. Avvisare Sergio portate patate bolla già  pronta. Glielo confiscano. Gissi cede. Sbaglia. Si scuserà , non voleva offendere. «Fate come i napoletani, inventate prove del delitto perché non ce ne sono». Uno degli ispettori è napoletano. Nel congedarsi lo fa notare caricando l’inflessione dialettale rimasta sottotraccia. Gissi: «Due duri. Parevano usciti dall’accademia militare di West Point. Ma hanno fatto quello che dovevano. E io, con rispetto, anche».


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