Atene, fuoco carolingio

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Il tempo stringe. Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, nel giorno scandito da un consiglio dei ministri congiunto franco-tedesco, da un pranzo comune e da un’intervista incrociata in serata su France2 e Zdf (il tutto in funzione del non ancora candidato Sarkozy), hanno unito la forza di fuoco per tirare su Atene e fare pressione perché il governo greco accetti i diktat sull’austerità . «Con la cancelliera – ha affermato Sarkozy – diciamo che la situazione della Grecia deve essere risolta una volta per tutte. I greci hanno preso degli impegni, devono rispettarli scrupolosamente, non c’è scelta, il tempo stringe, è questione di giorni, adesso bisogna concludere». Per Merkel, la Grecia deve approvare «le riforme su cui si è impegnata, non ci può essere un nuovo programma» di aiuti finanziari, se Atene «non conclude con la troika», Fmi, Ue e Bce. «Non capisco bene l’interesse di lasciar passare ancora del tempo», ha detto Merkel, mentre ad Atene la riunione dei partiti al governo, prevista ieri, continuerà  oggi. «Il tempo stringe», ha ribadito Merkel e da Brxelles il portavoce del commissario agli affari economici Olli Rehn ha affermato che «abbiamo già  oltrepassato la scadenza». Per Sarkozy «siamo vicino a un accordo, è questione di giorni, non immaginiamo neppure che non si arrivi all’accordo». Merkel ha ripetuto che «vogliamo che la Grecia resti nell’euro» e Sarkozy ha proposto che «gli interessi sul debito greco siano depositati su un conto bloccato, che garantirebbe che i debiti dei nostri amici greci saranno pagati». La Grecia deve pagare, ripete Merkel: «Saremo sicuri che questi soldi saranno durevolmente disponibili». La Grecia sta portando avanti due negoziati paralleli, con i creditori privati e con quelli pubblici. Se non ci sarà  accordo con i privati per un taglio del debito di 100 miliardi e una perdita secca di almeno il 50% dei prestiti, con in cambio nuove obbligazione a trent’anni a tassi al 3,7%, non potrà  esserci accordo per il secondo piano di aiuti, promesso di 130 miliardi nell’ottobre scorso (oggi un’ipotesi lo fa salire a 145): senza questo aiuto, la Grecia non riuscirà  a rimborsare i 14,5 miliardi di euro di debito che arrivano a scadenza il 20 marzo. Praticamente, senza accordo, a fine mese la Grecia sarà  obbligata a dichiarare fallimento. Con conseguenze incalcolabili per la zona euro, a causa del rischio dell’effetto domino, non solo su Portogallo e Irlanda, gli altri due paesi sotto tutela, ma anche sull’Italia. Ieri, Sarkozy ha fatto l’elogio di Monti, «un esempio da seguire»: per Sarkozy, l’Italia con Monti ha realizzato «programmi spettacolari», perché «non c’è altra strada».
Sulle spalle della Grecia si sta giocando un braccio di ferro tra Unione europea e Fondo monetario, con Bce e creditori privati in agguato. Nel fine settimana non è stato possibile concludere un accordo tra Atene e Fmi. L’Fmi chiede «produttività » alla Grecia e pretende tagli del 15% ai salari nel settore privato (oltre ai licenziamenti nel pubblico). L’Europa propone di allungare l’orario di lavoro invece di tagliare i salari. Ma l’Unione europea non vuole coinvolgere la Bce nel salvataggio della Grecia. È invece quello che chiede l’Fmi (con le banche private): che la Bce partecipi alla ristrutturazione del debito greco, abbandonando parte dei crediti (la Bce ha comprato debito greco sui mercati secondari, a prezzi stracciati e paradossalmente, in caso di accordo, potrebbe guadagnarci dei soldi, che potrebbe, bontà  sua, poi restituire alla Grecia per vie traverse (la Bce non può, per statuto, intervenire nel finanziamento degli stati). Ma la Germania non vuole saperne di coinvolgere la Bce: il precedente greco, portando una perdita sui 10-20 miliardi di euro della banca centrale europea, metterebbe in causa lo statuto di «indipendenza» dell’istituto centrale. 
Venerdì scorso, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha evocato esplicitamente la possibilità  del default della Grecia. La teleconferenza dei ministri delle finanze della zona euro è stata annullata e rimandata, forse, a mercoledì. L’accordo con i privati sembrava raggiunto da giorni, ma le richieste dell’Fmi, diventato molto rigido con la presidente Christine Lagarde, unito a quello degli hedge funds che vogliono limitare le perdite, hanno rimesso tutto in gioco.


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