Atene, mense dei poveri piene e carrelli vuoti nei supermarket
Uomini con la barba lunga, donne col viso segnato dalla stanchezza. Dall’altra parte della porta blindata una voce gutturale gela la rabbia che rischia di diventare sommossa: «Siete troppi. Tornate domani». Il centinaio di disoccupati cede.
Impreca, bestemmia, alza ancora i pugni; qualcuno crolla in ginocchio. Le facce sono terree, gli sguardi duri. Il sorriso è un ricordo del passato. La Grecia soccombe sotto il peso della recessione: è sull’orlo del fallimento. Ma è già morta. L’Europa, il moderno giurista Dracone, chiede l’impossibile: vivere con 568 euro al mese. Lordi. Non resta che attendere il nuovo Solone e sperare che, con il rigore, riporti anche i fasti dell’antica Atene. Georgios Tsigas, consigliere del lavoro dell’ufficio di collocamento del Pireo, scuote la testa: «Non c’è niente da fare. Siamo sommersi dai disoccupati. Ogni giorno arrivano 800 persone, ma ci sono solo 10 offerte di lavoro. Vendite. Al telefono. Medicinali, libri, macchine, elettrodomestici. Niente stipendio fisso. Si guadagna in percentuale. Con obbligo di presenza. Dodici ore al giorno. Se ti assenti, anche per pochi minuti, sei fuori. Chi viene? Chiunque. Dai 18 ai 65 anni. Molti hanno poca esperienza. Hanno fatto gli impiegati per una vita, non sanno neanche dove cominciare. Puoi stare giorni interi senza vendere nulla. E senza vendite, niente soldi. Torni a casa a mani vuote. Non riesci neanche a mangiare».
LE MENSE DEI POVERI
Ce ne sono venti solo ad Atene. Sette al Pireo. Le ha organizzate la Chiesa ortodossa. Davanti a quella della Santissima Trinità , a due passi dal porto, la fila arriva sulle banchine. Attraversa un’arteria a quattro corsie. Le macchine sfrecciano facendo lo slalom tra le persone in attesa. Nessuno si muove perché nessuno vuole perdere il turno. Si apre alle 12 e si chiude alle 13. Stamattina sono in 300, c’è cibo solo per un centinaio. Molti devono rinunciare. Resistono al gelo che colpisce a raffiche. Soccombono solo quando chiude il portone. Due addetti alla sicurezza, che sembrano armadi, premono la cancellata su questo muro umano. Anche qui proteste. Rassegnate. Il pope, lo sguardo severo, non ha bisogno di spiegare. Alza la mano: «Basta, tornate domani». Si giustifica: «Facciamo quello che possiamo. Ma abbiamo anche noi i nostri problemi. Da domani interrompiamo le trasmissioni della nostra radio: siamo stati costretti a licenziare il personale. Troppi costi. Fino a qualche mese fa venivano soprattutto immigrati. Ora la maggioranza sono cittadini greci. Hanno perso tutto: auto, lavoro, casa. Non hanno nemmeno i soldi per fare la spesa».
FURTI E BUGIE
Crista Olegamossos fa la direttrice di un supermercato. Si alza alle 5 e lavora dalle 7 alle 9 di sera. «Prima eravamo in 15, oggi siamo in quattro. Ma due sono pagati per quattro ore. Con l’altra collega, a tempo pieno, dobbiamo fare tutto: da scaricare la merce dai camion ai turni alla cassa. Se rifiuti, ti licenziano. Abbiamo eliminato i carrelli, ora ci sono solo i cestini. La gente compra l’essenziale. Spese di 10, 15 euro al massimo. E spesso non riescono a pagare. Ogni giorno c’è qualcuno che prova a saldare con una carta di credito. Ma è vuota. Allora chiedono di andare a casa per prendere il contante. Spariscono con la merce e non tornano più. A fine giornata ci rimetto». Almeno il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà . Molti si fanno aiutare da parenti e amici. Ma moltissimi non possono far altro che rubare. Gli scippi sono aumentati del 300%. Come gli assalti per strada, i furti dentro casa. Un lettore ci ha scritto: «Ormai usciamo di casa soltanto con 30 euro. Niente portafoglio, usiamo le fotocopie dei documenti. In caso di scippo salviamo gli originali».
NIENTE TASSE, NIENTE LUCE
E’ l’aspetto più odioso delle crisi. Per combattere l’evasione le cartelle esattoriali contengono anche l’utenza elettrica. Il controllo incrociato funziona. Ma gli effetti sono devastanti. Chi non paga l’Ici si ritrova senza luce. Bastano due mesi e sei al buio. Senza indennità di disoccupazione o con stipendio minimo da 600 euro è difficile pagare anche le imposte. Lo Stato ha ordinato ai suoi esattori di procedere alle interruzioni. La maggioranza si è rifiutata. Allora il lavoro è stato affidato ad un’impresa esterna, privata. Due settimane fa un intero paese della Grecia del nord, sommerso dalla neve, si è ritrovato al buio. La popolazione è ricorsa alle candele. Senza corrente elettrica ha rischiato di rimanere congelata. Si pensa alla privatizzazione persino delle pompe di benzina. Le compagnie petrolifere hanno passato la mano e sono sparite. La grande evasione, quella vera, rasenta il 70%. Ma nessuno la combatte seriamente.
IL MERCATO DEI RIFIUTI
Dietro il porto del Pireo c’è il più grande mercato clandestino di materiale raccolto nei cassonetti della nettezza urbana. Due intere strade sono occupate da questa fiera improvvisata e clandestina. Si vende di tutto, a prezzi stracciati. Un euro per un paio di scarpe, due per un impermeabile. Basta lavarli e si possono indossare. Ma anche bicchieri, pentole, quadri, libri, vecchi cellulari e pc. Tra i venditori abbiamo incontrato dei giornalisti licenziati. In due anni hanno chiuso tre importanti quotidiani e una nota tv nazionale. Riciclano quello che avevano in casa. Un mercato delle pulci dei disperati. «Bisogna improvvisare», spiegano, «fare il nostro mestiere in Grecia oggi è impossibile. Molti hanno trovato lavoro come spazzini. E’ l’unica offerta del momento. Tre mesi, a 400 euro. Ma devi essere in forze. Se ti ammali è finita. Un solo giorno di assenza e ti sostituiscono. Fuori, c’è la fila».
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