«E adesso fate tutto». L’Europa convoca a rapporto il ministro delle finanze greco

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Domani Bruxelles attende sul piede di guerra il ministro delle finanze greco, Evangelos Venizelos. All’Eurogruppo, Venizelos dovrà  dare i dettagli dell’applicazione del Memorandum messo a punto dalla «troika». Giovedì scorso Ue, Fmi e Bce avevano posto tre condizioni e dato sei giorni ad Atene per ottemperare: approvazione del piano di austerità  da parte del parlamento, cosa che è stata attuata con lacrime e sangue nella serata di domenica; trovare subito altri 325 milioni di economie e, infine, un impegno scritto da parte dei partiti della coalizione, ridotti a due (Pasok e Nuova Democrazia), che si devono impegnare a non sconfessare l’intesa con le elezioni anticipate di aprile. «Sembra che il governo greco troverà  nuove economie riducendo il bilancio della difesa – affermano alla Commissione – cosa non negativa». Il memorandum prevede un miliardo di euro di tagli alla spesa sanitaria, 400 milioni di euro in meno di investimenti pubblici, un calo del 22% del salario minimo (che sale al 32% per i lavoratori con meno di 25 anni), sospensione degli scatti di anzianità , ribasso delle pensioni più alte di almeno 300 euro, 15mila funzionari messi «in riserva» con il 60% dello stipendio. Le banche verranno ricapitalizzate con fondi pubblici, ma non nazionalizzate (giocando sui diritti di voto in consiglio di amministrazione). 
Passato l’esame dell’Eurogruppo, Venizelos potrà  passare subito di fronte al tribunale delle banche private, per la rinegoziazione del debito, che presuppone un hair cut del 70% dei crediti (100 miliardi) e uno scambio con nuove obbligazioni di stato al 3,5% di tasso di interesse. Se Atene non rispetta il Memorandum e non si accorda con le banche, il 20 marzo non sarà  in grado di rimborsare i 14,5 miliardi di euro di debito che arrivano a scadenza e sarà  default, cioè fallimento disordinato dello stato. Se c’è accordo, si dovrebbe sbloccare il secondo piano di aiuti della «troika» di 130 miliardi di euro, che fa seguito al primo di 110.
Questo è il pacchetto, per il momento. Per Olli Rehn, commissario agli affari economici, «il voto esprime la determinazione del paese a mettere fine alla spirale del debito». Fonti della Commissione ammettono che non ci sono i margini per intervenire a favore di un rilancio dell’economia greca: «Capisco che le misure chieste ad Atene sono molte dure – ammette un alto funzionario – ma l’alternativa è spaventosa. Purtroppo nessuno ha i soldi per un piano di rilancio del budget e l’aiuto è già  stato di vari miliardi». Ma in mancanza di ripresa economica, la Grecia non riuscirà  ad uscire dalla spirale del debito. Anche se fosse cancellato tutto il debito, l’accumulazione continuerebbe, perché la Grecia ha un deficit primario (senza contare il servizio del debito) intorno al 5-6% del pil. «Da due anni la Grecia è in una spirale spaventosa – spiega Henri Sterdyniak, economista dell’Ofce (Osservatorio francese sulla congiuntura economica) – il piano di austerità  sfocerà  solo sul crollo dell’attività  e sulla riduzione delle entrate fiscali». Il memorandum «è solo una nuova tappa, tra tre mesi la Grecia avrà  bisogno di un nuovo piano, lo sforzo richiesto è troppo grande». Intanto, la Commissione ha fatto scattare ieri il «meccanismo d’allerta» per il «disequilibrio macroeconomico» di 12 stati sui 27 della Ue: Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Slovenia, Bulgaria, Svezia, Danimarca, Finlandia, Cipro e Ungheria, a gradi diversi, devono rilanciare “la competitività ” per non crollare come i quattro già  sotto tutela (Grecia, Portogallo, Irlanda e Romania). Solo la Germania si salva, per il momento.


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