“Meno tasse con la lotta all’evasione l’aumento dell’Iva forse non ci sarà ”

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ROMA – Meno tasse per chi le paga, grazie ai proventi della lotta all’evasione fiscale. Per la prima volta il presidente del Consiglio, Mario Monti, dice che le tasse potrebbero diminuire. «Il governo – ha spiegato ieri sera davanti alle telecamere di Sky – farà  in modo di usare i proventi della lotta all’evasione fiscale per dare qualche sollievo ai contribuenti onesti». Altri due gli annunci di Monti: sugli immobili appartenenti alla Chiesa e utilizzati per attività  commerciali si pagherà  l’Ici (o meglio l’Imu), mentre l’aumento di due punti dell’Iva (dal 21 al 23 per cento) previsto per ottobre potrebbe non esserci per effetto dei tagli alla spesa pubblica che saranno realizzati con la cosiddetta spending review.
Il fisco, dunque, la carta da giocare per rilanciare la domanda interna e cominciare a ridurre alcune diseguaglianze. E, parallelamente, il lavoro per provare a recuperare terreno sul versante dell’occupazione giovanile. Non è l’articolo 18 – ha detto Monti – il perno della prossima riforma. Bensì un progetto per incentivare le assunzioni dei giovani («spesso a ragione disperati»), facendoli uscire dalla precarietà , modificando le forme di protezione sociale ma non abbattendole. Un mercato del lavoro moderno – è la tesi di Monti e del suo ministro del Lavoro, Elsa Fornero – non deve proteggere il posto di lavoro, bensì il lavoratore da posto a posto, da luogo a luogo. Anche in questa chiave va letta l’affermazione specifica sull’articolo 18: «Non siamo a caccia di simboli da usare come trofei per dare dimostrazione che stiamo cambiando l’Italia». Lo spread non dipenderà  dal superamento dell’articolo 18 («questo non credo sia empiricamente provato»), ma – ha ricordato Monti – la questione dei licenziamenti e della flessibilità  del lavoro «è uno dei temi che vengono osservati dall’estero per una valutazione su come il mercato del lavoro italiano diventa capace di funzionare in modo più simile ad altri Paesi, come quelli nordici dove c’è più flessibilità  e più tutela». E il tempo per l’accordo (ma non «qualunque accordo») con le parti sociali è un mese. In ogni caso il governo non si fermerà  se non dovesse esserci il consenso dei sindacati e della Confindustria. Ma c’è chi dice che non dispiacerebbe al Professore intervenire a Milano il 16 o 17 marzo al convengo biennale del Centro studi della Confindustria con un accordo ancora fresco di firme. 
È chiaro che il governo non sta cercando strappi con le parti. In questo senso il premier ha rassicurato nei giorni scorsi il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Non è il metodo della concertazione, ma comunque è quello di un dialogo costantemente aperto. Monti, insomma, non farà  come Sergio Marchionne. Che però stima. «È un personaggio estremamente rilevante nel mondo imprenditoriale globale. Ha grande chiarezza di obiettivi e tattiche per perseguirle. È una forza molto viva. Anche se posso non sempre condividere, tendo a preferire personalità  di questo tipo, quelle che gli americani chiamano “game changer”, che cambiano la natura del gioco. E questo signore l’ha cambiata molto fortemente».
Certo le aperture di Monti sulle tasse, utilizzando e andando oltre la delega fiscale del precedente governo, potrebbero aiutare il confronto con le parti sociali sul lavoro e sugli ammortizzatori sociali. «La principale leva fiscale a favore dell’equità  – ha detto il presidente del Consiglio – è una dura e pesante lotta all’evasione». È quello che chiede il sistema produttivo proprio per diminuire il peso fiscale sul lavoro. Da oggi sindacati e imprese andranno a Palazzo Chigi con l’intento di avviare una vera trattativa con il governo. Monti ha riconosciuto il loro senso di responsabilità . Sa bene, il premier – che lo dice nei suoi colloqui con i capi di governo di tutto il mondo – che una radicale riforma delle pensioni è andata in porto con tre ore di sciopero generale. Da qui l’affermazione del premier: «Se gli italiani andranno avanti con questo senso di responsabilità  e con questa maturità , mi permetto di non mettere un limite ad uno spread che può anche arrivare ad una differenza zero, ma questo lo vedranno i miei successori».
Infine, messi sotto controllo i conti, anche all’interno di una strategia europea («non abbiamo salvato le banche ma i depositanti»), la ripresa passa dagli effetti delle liberalizzazioni. «Abbiamo toccato anche gli interessi forti. Finora nessuno aveva chiesto all’Eni, che non è interesse debolissimo, di scorporare il settore distribuzione. E nei salotti buoni ha destato sconcerto il divieto dei consiglieri di amministrazione di sedere, com’è antica consuetudine in Italia, in consigli di società  concorrenti, formando così una sorta di network».


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