Richiamo dal Consiglio d’Europa “Troppi soldi senza controlli”

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Troppe anomalie tutte italiane, troppa discrezionalità  nella gestione di quattrini pubblici. Dopo i richiami – caduti nel vuoto – della Corte dei Conti, adesso a intervenire è il Consiglio d’Europa. 
Il documento è planato agli uffici di tesoreria di Camera e Senato in questi giorni. Si tratta del rapporto di valutazione sui sistemi di finanziamento ai partiti stilato dopo mesi di istruttoria da parte del Groupe d’Etats contre la corruptione, il “Greco”, commissione speciale sulla lotta alla corruzione del Consiglio d’Europa. L’istruttoria, frutto di questionari ai quali ha risposto il Parlamento italiano e attività  ispettiva, ha prodotto il documento in due paginette spedito sotto forma di bozza, ben prima degli scandali di questi giorni: sarà  approvato in via definitiva a Strasburgo dal Consiglio in programma il 23 marzo. Sei le raccomandazioni alle quali l’Italia dovrà  adeguarsi entro il 2014 se non vorrà  incorrere in sanzioni. Punto primo, rimarcato dagli ispettori: non esiste in Italia una sistema di controlli adeguato sui bilanci e dunque sui conti interni dei partiti. Punto secondo: manca e dunque occorre una disciplina che regoli la vita interna dei partiti. La Commissione anti corruzione invita a dare piena attuazione all’articolo 49 della Costituzione, a suo dire rimasto sulla carta. Terzo, ridurre e di molto la soglia dei 50 mila euro di finanziamento ai partiti al di sotto della quale – finora – è stato garantito l’anonimato al privato (e ai bilanci delle segreterie). Come avviene negli altri Paesi, il contributo deve essere trasparente, oltre che documentato: anonimato solo per gli spiccioli. E ancora, introdurre nella legislazione italiana un meccanismo sanzionatorio per chi viola le leggi sul finanziamento, ad oggi inesistente. Quinto sollecito: prevedere degli organi indipendenti e realmente autonomi per la revisione e la vigilanza sui bilanci interni dei partiti. Gli attuali revisori sono nominati spesso all’interno della stessa forza politica e anomalie (vedi caso Margherita o An) rischiano di passare sotto traccia. Ultimo ma pesante richiamo riguarda l’estensione dei sistemi di controllo ai gruppi parlamentari – anch’essi destinatari di contributi da parte degli onorevoli e di privati – e alle fondazioni. Il documento sarà  forse l’ultima spinta in grado di convincere i partiti a mettere mano a una legge di autodisciplina.


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