«Avanti così e il governo va in crisi»

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ROMA — Susanna Camusso non arretra sulla riforma del mercato del lavoro. Anzi. La leader della Cgil confida nel sostegno delle forze politiche (in primo luogo il Pd) che vogliono modificarla durante l’esame a Montecitorio e in Senato. Qualora però non si riuscisse a farlo, la sindacalista preannuncia già  uno sciopero generale entro la fine di maggio, trovando un primo alleato nella componente dei metalmeccanici della Uil. 
La situazione tende a farsi incandescente perché sull’altro lato del campo politico il Pdl, per bocca di Fabrizio Cicchitto, insiste nel sostenere che «il disegno di legge deve restare inalterato, altrimenti viene meno l’equilibrio raggiunto». E qualcun’altro come Osvaldo Napoli intravede nell’intransigenza della Camusso «una deriva assai simile a quella portò al suicidio sindacale il capo dei minatori inglesi, Arthur Scargill, con un crescendo di iniziative che nulla hanno a che con la difesa dei lavoratori». 
Insomma all’orizzonte si scorgono lampi di guerra. Ed ecco perché Pier Ferdinando Casini (Udc) esorta i partner di governo Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano a smetterla con i veti incrociati, a evitare che la situazione sfugga al controllo. «Se continua così — è il suo timore — prima o poi il governo entra in crisi e sarebbe un atto di irresponsabilità  allo stato puro». Noi, afferma, «siamo impegnati dal mattino alla sera a fare gli sminatori per cercare di fare andare avanti tranquillo l’esecutivo. Oggi è il momento di stare vicino a questo governo, di aiutarlo a superare le difficoltà  che ci sono».
L’avvertimento di Casini giunge alla vigilia di due importanti riunioni che potrebbero influire sul clima politico. Oggi a Roma si riunirà  la direzione del Pd che dovrà  chiarire le diverse posizioni proprio sul tema della riforma e quale rapporto avere con il sindacato. Nelle stesse ore a Milano ci sarà  la conferenza del Pdl dedicata appunto al lavoro, nel corso della quale verrà  ribadito che il testo governativo non dovrà  essere stravolto durante l’esame parlamentare. Il timore di Alfano è che sotto la spinta di Cgil e Pd la riforma finisca per essere annacquata sul lato dell’articolo 18 senza al contempo favorire la flessibilità  in entrata, anzi penalizzando le piccole e medie imprese.
Il giorno dopo il monito del premier («Non accetto interferenze esterne sul testo varato dai ministri»), la Camusso a sua volta ammonisce: «Il governo ha sbagliato calcoli, pensava che gli avrebbe dato forza chiudere dando per acquisito che la Cgil non ci stava». Entrando nel merito, la Camusso dice che «la partita non è chiusa: la mia previsione è che continuerà  un movimento molto serio che premerà  sul Parlamento affinché cambi. Il Parlamento non può essere impermeabile al Paese». 
Proprio adesso comincia la battaglia, nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama e, fuori, nelle piazze. Il punto chiave, l’obiettivo da raggiungere, fa notare la Camusso, «è trovare una soluzione che reintroduca in tutte le tipologie il reintegro: quello è il deterrente per evitare i licenziamenti illegittimi». Se non ci si arriva, minaccia il segretario della Cgil, «alla fine di tutto il percorso, entro maggio, potrebbe arrivare lo sciopero generale».
E in effetti in questo momento cruciale non si levano solo le voci di quanti come Rosy Bindi (presidente del Pd) prevedono che «questa legge non potrà  mai essere approvata così com’è»; o come quella del leghista Roberto Maroni che non crede affatto a una rottura della maggioranza che sostiene Monti («La nuova triplice Pdl, Pd e Udc non si spaccherà . Sono legati da altri interessi, dalla paura di andare al voto»). Ci sono anche quelle di coloro che attaccano pesantemente l’esecutivo e soffiano sul fuoco del disagio sociale. Antonio Di Pietro (Italia dei valori), per esempio, sostiene che «il governo racconta soltanto bugie quando afferma che demolendo l’articolo 18 si aiuteranno gli investimenti stranieri, si ridurrà  il precariato, aumenteranno le assunzioni e la protezione sociale». Beppe Grillo chiama a raccolta il suo popolo urlando che «Rigor Montis è fuori controllo, va fermato con le elezioni anticipate».«Avanti così e il governo va in crisi»L’allarme di Casini. Camusso: il premier ci ripensi. Sciopero a fine maggioROMA — Susanna Camusso non arretra sulla riforma del mercato del lavoro. Anzi. La leader della Cgil confida nel sostegno delle forze politiche (in primo luogo il Pd) che vogliono modificarla durante l’esame a Montecitorio e in Senato. Qualora però non si riuscisse a farlo, la sindacalista preannuncia già  uno sciopero generale entro la fine di maggio, trovando un primo alleato nella componente dei metalmeccanici della Uil. 
La situazione tende a farsi incandescente perché sull’altro lato del campo politico il Pdl, per bocca di Fabrizio Cicchitto, insiste nel sostenere che «il disegno di legge deve restare inalterato, altrimenti viene meno l’equilibrio raggiunto». E qualcun’altro come Osvaldo Napoli intravede nell’intransigenza della Camusso «una deriva assai simile a quella portò al suicidio sindacale il capo dei minatori inglesi, Arthur Scargill, con un crescendo di iniziative che nulla hanno a che con la difesa dei lavoratori». 
Insomma all’orizzonte si scorgono lampi di guerra. Ed ecco perché Pier Ferdinando Casini (Udc) esorta i partner di governo Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano a smetterla con i veti incrociati, a evitare che la situazione sfugga al controllo. «Se continua così — è il suo timore — prima o poi il governo entra in crisi e sarebbe un atto di irresponsabilità  allo stato puro». Noi, afferma, «siamo impegnati dal mattino alla sera a fare gli sminatori per cercare di fare andare avanti tranquillo l’esecutivo. Oggi è il momento di stare vicino a questo governo, di aiutarlo a superare le difficoltà  che ci sono».
L’avvertimento di Casini giunge alla vigilia di due importanti riunioni che potrebbero influire sul clima politico. Oggi a Roma si riunirà  la direzione del Pd che dovrà  chiarire le diverse posizioni proprio sul tema della riforma e quale rapporto avere con il sindacato. Nelle stesse ore a Milano ci sarà  la conferenza del Pdl dedicata appunto al lavoro, nel corso della quale verrà  ribadito che il testo governativo non dovrà  essere stravolto durante l’esame parlamentare. Il timore di Alfano è che sotto la spinta di Cgil e Pd la riforma finisca per essere annacquata sul lato dell’articolo 18 senza al contempo favorire la flessibilità  in entrata, anzi penalizzando le piccole e medie imprese.
Il giorno dopo il monito del premier («Non accetto interferenze esterne sul testo varato dai ministri»), la Camusso a sua volta ammonisce: «Il governo ha sbagliato calcoli, pensava che gli avrebbe dato forza chiudere dando per acquisito che la Cgil non ci stava». Entrando nel merito, la Camusso dice che «la partita non è chiusa: la mia previsione è che continuerà  un movimento molto serio che premerà  sul Parlamento affinché cambi. Il Parlamento non può essere impermeabile al Paese». 
Proprio adesso comincia la battaglia, nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama e, fuori, nelle piazze. Il punto chiave, l’obiettivo da raggiungere, fa notare la Camusso, «è trovare una soluzione che reintroduca in tutte le tipologie il reintegro: quello è il deterrente per evitare i licenziamenti illegittimi». Se non ci si arriva, minaccia il segretario della Cgil, «alla fine di tutto il percorso, entro maggio, potrebbe arrivare lo sciopero generale».
E in effetti in questo momento cruciale non si levano solo le voci di quanti come Rosy Bindi (presidente del Pd) prevedono che «questa legge non potrà  mai essere approvata così com’è»; o come quella del leghista Roberto Maroni che non crede affatto a una rottura della maggioranza che sostiene Monti («La nuova triplice Pdl, Pd e Udc non si spaccherà . Sono legati da altri interessi, dalla paura di andare al voto»). Ci sono anche quelle di coloro che attaccano pesantemente l’esecutivo e soffiano sul fuoco del disagio sociale. Antonio Di Pietro (Italia dei valori), per esempio, sostiene che «il governo racconta soltanto bugie quando afferma che demolendo l’articolo 18 si aiuteranno gli investimenti stranieri, si ridurrà  il precariato, aumenteranno le assunzioni e la protezione sociale». Beppe Grillo chiama a raccolta il suo popolo urlando che «Rigor Montis è fuori controllo, va fermato con le elezioni anticipate».


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