Obama dopo la strage “Preoccupato per i soldati” I Taliban: ci vendicheremo

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NEW YORK – Veniva dalla caserma degli orrori, la Joint Base Lewis-McChord vicino a Seattle, la fabbrica degli assassini e dei suicidi, il sergente di 38 anni, padre di due figli, lui stesso due anni fa sotto osservazione per un trauma al cervello ma poi ritenuto idoneo, che la notte di domenica è sgusciato dalla branda di Camp Belambay, distretto di Panjwai, la patria del Mullah Omar e dei Taliban sanguinari, e ha camminato per due chilometri prima di bussare col mitra impazzito alla porta di tre case nei villaggi di Balandi e Alkozai: uccidendo nove bambini, quattro donne e tre uomini. 
All’orrore non c’è mai fine ma quel sergente ne aveva negli occhi anche troppo: arruolato da 11 anni, era stato tre volte in Iraq ed era arrivato per la prima missione in Afghanistan il 3 dicembre. A pochi giorni dalla rivolta per il Corano bruciato Barack Obama adesso confessa di essere «molto preoccupato» per la sicurezza dei soldati e del personale Usa: i Taliban hanno minacciato vendetta, promettono rappresaglie e questa è terra maledetta, strappata agli integralisti appena due anni fa durante il “surge”, il rilancio delle operazioni voluto proprio dalla Casa Bianca. Anche il segretario di Stato Hillary Clinton si dice «scioccata e rattristata» per quello che il presidente afgano Hamid Karzai continua invece a definire «un assassinio programmato e imperdonabile». 
La Nato sostiene che il sergente ha agito da solo e gli altri soldati sono arrivati solo dopo la sua consegna: per dare assistenza ai feriti. Gli afgani continuano a domandarsi com’è possibile che abbia fatto tutto da solo. Il parlamento di Kabul vuole processarlo in Afghanistan «e pubblicamente»: ma il Pentagono assicura che a processarlo sarà  il tribunale militare.
Per gli Usa di Obama è più di uno shock. Il 60 per cento degli americani sostiene che la guerra in Afghanistan non vale più la pena di essere combattuta e il presidente che per primo aveva indicato una exit strategy viene adesso criticato da destra per essere ancora lì. Perfino il falco Newt Gingrich per guadagnare un po’ di voti nelle primarie repubblicane che oggi si terranno in Mississippi e Alabama dice che la guerra non è più «fattibile».
Il sergente assassino era arrivato a Kandahar proprio per assistere le truppe afgane che da quest’anno dovranno cominciare a prendere in consegna la sicurezza del paese: in attesa della partenza degli americani nel 2014. Ma l’eroe venuto per assistere aveva dentro la rabbia di un mostro. E nessuno se ne sorprende nella caserma di Tacoma, vicino a Seattle, Washington. Da lì vengono i militari condannati l’anno scorso per aver ucciso almeno tre afgani «per sport». Lì è stato licenziato pochi mesi fa il responsabile del Medical Center con l’accusa di aver «coperto» la malattia di più di 300 veterani. Il disordine si chiama Ptsd: Post Traumatic Stress Disorder. È la malattia di chi torna stanco e stressato di guerra. Alla Joint Base Lewsi McChord, che ha anche il record dei suicidi, 21 in due anni, avevano deciso che 300 stressati costavano troppo alla Difesa. Meglio farli passare come sani. Come quel sergente impazzito che ha aperto il fuoco contro donne e bambini.


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